Echevarría e la materia esistente
Nell’opera di Echevarría si concentrano in maniera sincretica alcune tra le tendenze chiave della poesia modernista e postmodernista portoghese. Il lessico piano, la costruzione nominale, la reiterazione dei sostantivi, l’utilizzo in poesie brevi di dispositivi formali tipicamente vicini alle costruzioni lunghe del poemetto, contribuiscono a creare le fondamenta di una poetica eclettica. In una costante tensione riflessiva, i motivi della teologia e della spiritualità secolare cristiana trovano un’intersezione con una serrata ‘critica’ ontologica.
Lo svolgersi dei tempi e degli spazi del mondo si mostra al poeta con semplicità immediata, nei minimi termini di un ente colto da uno sguardo umano – in quanto tragico. Il tutto è materia, luogo, agli occhi del poeta: ne descrive i processi, ne penetra i ritmi, ne registra le impressioni. Le articolazioni del pensiero trovano così posto accanto agli odori e ai colori del mattino, l’esperienza ascetica si intreccia al fare quotidiano. Senza accedere a un vero e proprio sentire esistenzialistico, il poeta è immerso in una corrente esperienziale. È spogliato, in un certo senso, delle possibilità di autodeterminazione, eppure rimane ostinato finché regge il respiro e la memoria non si perde.
Un discorso sui morti
La sua poetica in Sobre os Mortos scandaglia la dimensione paradossale del rapportarsi al defunto come ente – ancora – in vita. I morti, sostantivo ripreso innumerevoli volte nelle oltre cento poesie della raccolta, sono corpi in movimento, abitanti del tempo che abitiamo. Possono essere misurati nei passi, nel peso, nelle intenzioni, nell’atteggiamento. Echevarría scandisce la loro fenomenologia con attenzione minimale, ripetendone i termini senza intenzione di cantilena, ma necessità di insistere. Sono i morti a premere, nei suoi versi, non la morte. Così nello sbocciare di novembre, nella delicatezza lirica di un sonetto dedicato alle porte che aprono, così nell’abisso del loro peso mancante, così nel loro impiombarsi come memoria nei mobili, così nel loro passaggio incorporeo oltre le fondamenta, i morti premono – senza necessità.
Cinque poesie da Sobre os Mortos
Descobre-se Novembro. A nostalgia desenvolve-se até se instituir em única luz. Em vigília a deslocar a sua concentração para a longínqua fronteira aonde se dissipa a bruma. E fica Novembro. Fica, como que pátria e urna derivando cristalina, para o sítio onde as vozes cantam múltiplas vivacidades contíguas emergindo do cerne das colunas. E mortos e vivos se resignam a ouvir-se em timbre de expansivas urnas sob a deriva da luz da nostalgia com que Novembro vai vencendo a bruma. * Na primavera os mortos abrem sítios que resguardam, ao fundo dos pinheiros, a transparência. E o calor implícito estremece nos troncos. E no cheiro subtil a húmus, onde resina e mito sustentam a verdura do seu lenho. Ou se alfombra do ruído de moliço a tremulina de um lugar perfeito. Onde se sabe que a atenção dos mortos nasce no ar a tanta transparência que passar vendo nos estreia atónitos à delgadez sensível da presença que abrem em nós. Ou húmus limpo de óbitos ilumina o que em nós incorruptível pensa. * O corpo dos defuntos é enigmático: não tem além de si, nem dentro. Nada se lê no seu volume. O pacto substante que sustenta o pensamento cedeu lugar a um vácuo a dar somente para estar cedendo. O corpo dos defuntos é enigmático porque o enigma, nele, perdeu seu peso. * Nutrem-se os móveis do tempo com que assentiram ao espanto de serem vistos. Um lento desapego providencial do espaço deixou que entrassem na espécie de silêncio que os mantém retirados. Mas, se os abrirem, que enriquecimento de piedade. Paramos o gesto com a morte. O desapego junta móveis e mortos em olhá-los. * Os alicerces. A transparência. A casa. Entram, lentos, pela névoa que os toca, ao lume das águas, para o confim da sua realeza. Vão, entre coros matutinos de almas, que dão conta do timbre de si mesmas.
Si svela novembre. La nostalgia si districa fino a determinarsi in un’unica luce. Nella veglia a trasferire la sua concentrazione all’estremo confine in cui si dirada la nebbia. E diventa novembre. Diventa, come patria e feretro andando alla limpida deriva verso il luogo in cui le voci cantano le multiformi vivacità contigue emergendo dal cardine delle colonne. E morti e vivi si rassegnano a udirsi nella tonalità di feretri prolissi sotto la deriva della luce della nostalgia con cui novembre oltrepassa la nebbia. * In primavera i morti aprono spazi che difendono, in fondo ai pini, la trasparenza. E il calore implicito trema nei tronchi. E nell’odore sottile d’humus, dove resina e mito nutrono il dato vegetale del suo legno. O si tappezza di rumore di limo il tremore di un luogo perfetto. Dove si sa che la considerazione dei morti nasce nell’aria in così tanta trasparenza che il passare guardandoci impassibili dà inizio alla delicatezza sensibile della presenza che abbiamo in noi. O l’humus terso delle morti illumina quello che pensiamo incorruttibile. * Il corpo dei defunti è enigmatico: non ha niente oltre sé stesso, niente dentro. Niente è leggibile nel suo volume. Il patto sottostante che sostenta il pensiero cede il posto a un vuoto da lasciare solo per stare cedendo. Il corpo dei defunti è enigmatico perché l’enigma, in lui, ha perso il suo peso. * Si nutrono i mobili del tempo con cui annuivano dallo stupore d’essere visti. Un lento distacco provvidenziale dallo spazio ha lasciato che entrassero in una sorta di silenzio che li trattiene nel ritiro. Ma, se li apri, che arricchimento di pietà. Fermiamo il gesto con la morte. Il distacco unisce i morti e i mobili nello sguardo. * Le fondamenta. La trasparenza. La casa. Entrano, lenti, attraverso la nebbia che li tange, nel lume delle acque, fino al limite della propria regalità. Vanno, tra cori mattutini delle anime, che testimoniano il suono di sé stesse.
Fernando Echevarría, poeta e intellettuale portoghese, nasce nel febbraio del 1929. Si forma in Spagna. Dal 1961, è tra Algeri e Parigi in esilio politico. Torna in patria negli anni Ottanta, è attivo nella lotta politica contro il regime dell’Estado Novo. Nel 1956 è pubblicata la sua prima raccolta, Entre Dois Anjos, cui seguono diverse altre. Tra queste: Trégua para o amor – 1958; Sobre ad horas – 1963; A base e o timbre – 1974; Introdução à Filosofia – 1981; Figuras – 1987; Sobre os Mortos – 1991; Uso de Penumbra – 1995; Epifanias – 2006; Lugar de Estudo – 2009; In Terra Viventium – 2011; Categorias e Outras Paisagens – 2013. Premiato a più riprese da istituzioni letterarie e civili, si spegne a novantadue anni a Porto, nell’ottobre del 2021.
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In copertina: Li Feng, Untitled, ca. 2021+Rapheal Kwame Acheampong Obiri-Yaw, Backbone, 2020