poesie Fernando Echevarría

Sobre os Mortos – Cinque poesie di Fernando Echevarría

Echevarría e la materia esistente

Nell’opera di Echevarría si concentrano in maniera sincretica alcune tra le tendenze chiave della poesia modernista e postmodernista portoghese. Il lessico piano, la costruzione nominale, la reiterazione dei sostantivi, l’utilizzo in poesie brevi di dispositivi formali tipicamente vicini alle costruzioni lunghe del poemetto, contribuiscono a creare le fondamenta di una poetica eclettica. In una costante tensione riflessiva, i motivi della teologia e della spiritualità secolare cristiana trovano un’intersezione con una serrata ‘critica’ ontologica.

Lo svolgersi dei tempi e degli spazi del mondo si mostra al poeta con semplicità immediata, nei minimi termini di un ente colto da uno sguardo umano – in quanto tragico. Il tutto è materia, luogo, agli occhi del poeta: ne descrive i processi, ne penetra i ritmi, ne registra le impressioni. Le articolazioni del pensiero trovano così posto accanto agli odori e ai colori del mattino, l’esperienza ascetica si intreccia al fare quotidiano. Senza accedere a un vero e proprio sentire esistenzialistico, il poeta è immerso in una corrente esperienziale. È spogliato, in un certo senso, delle possibilità di autodeterminazione, eppure rimane ostinato finché regge il respiro e la memoria non si perde.

Un discorso sui morti

La sua poetica in Sobre os Mortos scandaglia la dimensione paradossale del rapportarsi al defunto come ente – ancora – in vita. I morti, sostantivo ripreso innumerevoli volte nelle oltre cento poesie della raccolta, sono corpi in movimento, abitanti del tempo che abitiamo. Possono essere misurati nei passi, nel peso, nelle intenzioni, nell’atteggiamento. Echevarría scandisce la loro fenomenologia con attenzione minimale, ripetendone i termini senza intenzione di cantilena, ma necessità di insistere. Sono i morti a premere, nei suoi versi, non la morte. Così nello sbocciare di novembre, nella delicatezza lirica di un sonetto dedicato alle porte che aprono, così nell’abisso del loro peso mancante, così nel loro impiombarsi come memoria nei mobili, così nel loro passaggio incorporeo oltre le fondamenta, i morti premono – senza necessità.

Cinque poesie da Sobre os Mortos

Descobre-se Novembro. A nostalgia
desenvolve-se até se instituir em única
luz. Em vigília
a deslocar a sua
concentração para a longínqua
fronteira aonde se dissipa a bruma.
E fica Novembro. Fica,
como que pátria e urna
derivando cristalina,
para o sítio onde as vozes cantam múltiplas
vivacidades contíguas
emergindo do cerne das colunas.
E mortos e vivos se resignam
a ouvir-se em timbre de expansivas urnas
sob a deriva da luz da nostalgia
com que Novembro vai vencendo a bruma.

*

Na primavera os mortos abrem sítios
que resguardam, ao fundo dos pinheiros,
a transparência. E o calor implícito
estremece nos troncos. E no cheiro

subtil a húmus, onde resina e mito
sustentam a verdura do seu lenho.
Ou se alfombra do ruído de moliço
a tremulina de um lugar perfeito.

Onde se sabe que a atenção dos mortos
nasce no ar a tanta transparência
que passar vendo nos estreia atónitos

à delgadez sensível da presença
que abrem em nós. Ou húmus limpo de óbitos
ilumina o que em nós incorruptível pensa.

*

O corpo dos defuntos é enigmático:
não tem além de si, nem dentro.
Nada se lê no seu volume. O pacto
substante que sustenta o pensamento
cedeu lugar a um vácuo
a dar somente para estar cedendo.
O corpo dos defuntos é enigmático
porque o enigma, nele, perdeu seu peso.

*

Nutrem-se os móveis do tempo
com que assentiram ao espanto
de serem vistos. Um lento
desapego providencial do espaço
deixou que entrassem na espécie de silêncio
que os mantém retirados.
Mas, se os abrirem, que enriquecimento
de piedade. Paramos
o gesto com a morte. O desapego
junta móveis e mortos em olhá-los.

*

Os alicerces. A transparência. A casa.
Entram, lentos, pela névoa
que os toca, ao lume das águas,
para o confim da sua realeza.
Vão, entre coros matutinos de almas,
que dão conta do timbre de si mesmas.
Si svela novembre. La nostalgia
si districa fino a determinarsi in un’unica
luce. Nella veglia
a trasferire la sua
concentrazione all’estremo
confine in cui si dirada la nebbia.
E diventa novembre. Diventa,
come patria e feretro
andando alla limpida deriva
verso il luogo in cui le voci cantano le multiformi
vivacità contigue
emergendo dal cardine delle colonne.
E morti e vivi si rassegnano
a udirsi nella tonalità di feretri prolissi
sotto la deriva della luce della nostalgia
con cui novembre oltrepassa la nebbia.

*

In primavera i morti aprono spazi
che difendono, in fondo ai pini,
la trasparenza. E il calore implicito
trema nei tronchi. E nell’odore

sottile d’humus, dove resina e mito
nutrono il dato vegetale del suo legno.
O si tappezza di rumore di limo
il tremore di un luogo perfetto.

Dove si sa che la considerazione dei morti
nasce nell’aria in così tanta trasparenza
che il passare guardandoci impassibili dà inizio

alla delicatezza sensibile della presenza
che abbiamo in noi. O l’humus terso delle morti
illumina quello che pensiamo incorruttibile.

*

Il corpo dei defunti è enigmatico:
non ha niente oltre sé stesso, niente dentro.
Niente è leggibile nel suo volume. Il patto
sottostante che sostenta il pensiero
cede il posto a un vuoto
da lasciare solo per stare cedendo.
Il corpo dei defunti è enigmatico
perché l’enigma, in lui, ha perso il suo peso.

*

Si nutrono i mobili del tempo
con cui annuivano dallo stupore
d’essere visti. Un lento
distacco provvidenziale dallo spazio
ha lasciato che entrassero in una sorta di silenzio
che li trattiene nel ritiro.
Ma, se li apri, che arricchimento
di pietà. Fermiamo
il gesto con la morte. Il distacco
unisce i morti e i mobili nello sguardo.

*

Le fondamenta. La trasparenza. La casa.
Entrano, lenti, attraverso la nebbia
che li tange, nel lume delle acque,
fino al limite della propria regalità.
Vanno, tra cori mattutini delle anime,
che testimoniano il suono di sé stesse.

Fernando Echevarría, poeta e intellettuale portoghese, nasce nel febbraio del 1929. Si forma in Spagna. Dal 1961, è tra Algeri e Parigi in esilio politico. Torna in patria negli anni Ottanta, è attivo nella lotta politica contro il regime dell’Estado Novo. Nel 1956 è pubblicata la sua prima raccolta, Entre Dois Anjos, cui seguono diverse altre. Tra queste: Trégua para o amor – 1958; Sobre ad horas – 1963; A base e o timbre – 1974; Introdução à Filosofia – 1981; Figuras – 1987; Sobre os Mortos – 1991; Uso de Penumbra – 1995; Epifanias – 2006; Lugar de Estudo – 2009; In Terra Viventium – 2011; Categorias e Outras Paisagens – 2013. Premiato a più riprese da istituzioni letterarie e civili, si spegne a novantadue anni a Porto, nell’ottobre del 2021.


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In copertina: Li Feng, Untitled, ca. 2021+Rapheal Kwame Acheampong Obiri-Yaw, Backbone, 2020