Dopo le poesie spiritali di Christian Lehnert, continua la nostra serie di traduzioni dalla poesia tedesca contemporanea. Questa volta vi presentiamo alcune poesie tratte dall’ultimo libro dello scrittore tedesco, Marcel Beyer, conosciuto in Italia perlopiù come romanziere e le cui poesie non sono mai state tradotte in italiano. Le introduce per noi Sebastian Brass, studioso e dottorando in Lingue e Letterature Germaniche all’Università di Harvard.
Ancor prima di ricevere il prestigioso Büchner-Preis nel 2016, Marcel Beyer (nato nel 1965 a Tailfingen, Baden-Württemberg) è sempre stato un favorito dei critici letterari. Sebbene non sia ancora tra gli autori contemporanei più famosi del mondo di lingua tedesca – e sebbene le sue opere possano essere un po’ esigenti per il pubblico più ampio – Beyer ha ricevuto un’attenzione considerevole fin dal suo romanzo di esordio, Flughunde (1995, tradotto in italiano per Einaudi col titolo I pipistrelli). E da allora ha pubblicato molti altri lavori: tra i più importanti figurano la raccolta di poesie Falsches Futter (1997), il romanzo Kaltenburg (2008, anche questo uscito per Einaudi col titolo Forme originarie della paura) e più recentemente un’altra raccolta di poesie: Dämonenräumdienst (2020). Nel 2018 il critico letterario Christian Klein ha curato un volume intitolato Marcel Beyer. Perspektiven auf Autor und Werk (Marcel Beyer. Prospettive sull’autore e l’opera, pubblicato da Metzler) a cui hanno contribuito diversi germanisti di fama – un indice importante della rilevanza di Beyer nel panorama letterario tedesco contemporaneo.
Lungo tutta la sua opera, Beyer si rivela molto attento alla produzione, conservazione e ricezione del suono. Il romanzo Flughunde, un capolavoro postmoderno, intreccia le voci di Hermann Karnau, un tecnico audio e studioso della voce al servizio di Joseph Goebbels, e la figlia di quest’ultimo, Helga. Il titolo Flughunde, I pipistrelli, parola che in tedesco vorrebbe dire letteralmente “cani volanti”, rimanda alla straordinaria capacità dei pipistrelli di produrre e ascoltare gli echi, e le due voci stesse intrecciate fanno eco ad alcune delle follie del regime nazional-socialista: ad un certo punto, Karnau cerca di provare che gli esseri umani riescono a percepire suoni anche dopo la morte. È sempre Karnau, uno stretto conoscente della famiglia, che registra le voci dei figli di Goebbels subito prima del suicidio esteso attuato da Joseph e Magda Goebbels nel 1945. Nel 1992, ormai anziano, Karnau recupera le registrazioni e riflette sul suo passato. È interessante che il romanzo sia disponibile anche come Hörspiel (dramma radiofonico prodotto nel 2013 da SWR2), che aggiunge ancora un’altra dimensione al vario gioco di echi che il romanzo già dispiegava.
Beyer fa un uso di fonti considerevole nelle sue opere, perciò l’idea di Christian Klein, secondo cui Beyer sarebbe a metà tra un poeta doctus e uno scrittore post-strutturalista (scripteur), sembra particolarmente interessante. Secondo Hannelore Mundt, nella sua raccolta Falsches Futter, “le impressioni disparate e il linguaggio criptico di Beyer […] mettono alla prova le possibilità e i limiti della comunicazione poetica” stessa, e uno degli esempi più eclatanti di questo fenomeno è connesso col suono in molto modi: si veda la sua poesia Verklitter Herbst. Mundt ha riconosciuto quella delle “allusioni a molte voci poetiche del ventesimo secolo” come una delle tecniche centrali di Falsches Futter in generale; e ha definito la poesia Verklitter Herbst “un’allusione brillante” alla poesia di Georg Trakl del 1913 intitolata Verklärter Herbst. Formulazioni più forti (e forse più appropriate) si possono trovare in un collega di Beyer, il poeta Thomas Kling, che parla della poesia di Beyer come la “angebrachteste Trakl-Anverwandlung, die wir kennen” (“il più opportuno adattamento / la più adatta metamorfosi di Trakl che conosciamo”). Lo studioso Tobias Lehmkuhl parla direttamente di una traduzione (nel suo saggio “Marcel Beyers Trakl-Übersetzung”).
Ecco le due poesie, faccia a faccia:
Georg Trakl, Verklärter Herbst
Gewaltig endet so das Jahr
Mit goldnem Wein und Frucht der Gärten.
Rund schweigen Wälder wunderbar
Und sind des Einsamen Gefährten.
Da sagt der Landmann: Es ist gut.
Ihr Abendglocken lang und leise
Gebt noch zum Ende frohen Mut.
Ein Vogelzug grüßt auf der Reise.
Es ist der Liebe milde Zeit.
Im Kahn den blauen Fluß hinunter
Wie schön sich Bild an Bildchen reiht –
Das geht in Ruh und Schweigen unter.
Marcel Beyer, Verklirrter Herbst
Der Funker: “Ver–.” Gewaltig endet so der Tag.
“Aufklären.” Sie hängen in den Leitungsmasten.
“Bild an Bildchen. Melden.” Die Drähte brummen
sonderbar. “Hier Herbst.” Hier Einbruch. “Hier
Verklirrtes.” Die Toten, statisch aufgeladen.
Der Funker: “Melden.” Da sagt der Landser: Es
ist gut. “48 Stunden in diesem Loch.” Beinfreiheit,
Blickangst. Und jemand flüstert: Sie sind heiser?
“Falls wir jemals wieder raus.” Das Bahnsteigklima
bringt mich um. “Noch.” Die Viehwaggons
auf Nebengleisen. Wurstflecken.
Der Funker: “Aber selbstverständlich, du willst es
eiskalt, Junge?” Ein Zug fährt an, den er besteigt.
“Da wird dein Hals aber kaputt sein, morgen früh.”
Scheitel, gebürstet. Nah dem Verteiler, sieht er,
sprühen Funken. “Junge, willst es eiskalt?” Ganz
spezielle Rasuren. Scharmützel. “Leich an Leiche
reiht sich.” Ausrasiert. “Flackern.” “Hinterköpfe.”
Georg Trakl, Autunno trasfigurato
Potentemente finisce così l’anno
con vino dorato e il frutto dei giardini.
Intorno meravigliosamente i boschi tacciono
e sono dell’uomo solitario gli amici.
Allora dice il contadino: è cosa buona.
Voi campane a lungo e piano date ancora
fino in fondo un animo felice.
Un migrare di uccelli in viaggio saluta.
È il tempo mite dell’amore.
In barca giù per il fiume blu immagine
segue immaginetta in modo così bello –
affonda nella calma e nel silenzio.
Marcel Beyer, Autunno stintinnato
Il radiotelegrafista: “Pre-.” Potentemente finisce così il giorno.
“Illuminare.” Restano appesi ai pali delle telecomunicazioni.
“Immagine su immagine. Fare rapporto.” I cavi ronzano
straordinariamente. “Qui Autunno.” Qui irruzione. “Qui
stintinnio.” I morti, caricati staticamente.
Il radiotelegrafista: “Fare rapporto.” Allora dice il soldato: È
cosa buona. “48 ore in questo buco.” Spazio per le gambe,
paura di guardare. E qualcuno sussurra: ha la voce roca?
“Se ne usciremo mai.” Il clima da banchina di stazione
mi ammazza. “Per ora.” I carri bestiame
su binari di raccordo. Macchie di salsiccia.
Il radiotelegrafista: “Ma ovviamente, tu lo vuoi
gelido, giovane?” Un treno parte su cui lui sale.
“Ma là il tuo collo sarà spezzato, domattina.”
La riga dei capelli, pettinata. Vicino allo scambio, vede,
sprizzare scintille. “Giovane, lo vuoi gelido?” Rasure
tutte particolari. Scaramuccia. “Canzone e cadavere
si susseguono.” Rasato a zero. “Bagliore.” “Nuche.”
Michael Braun afferma che l’organo sensitivo principale di Beyer sia l’orecchio – e parla della presenza in Beyer di una “poetische Ohrenkunde” (una scienza poetica dell’orecchio). La riscrittura della poesia di Trakl è uno degli esempi presi in considerazione da Braun. E mentre così tanto è qui cambiato nel passaggio da Trakl a Beyer (il sogno olistico di un soggetto di diventare una cosa sola con la natura si è trasformato in un elenco di osservazioni e messaggi). Sono le somiglianze di suono che sembrano suggerire una linea di continuità che unisce la scena idillica alla scena del crimine. The “Landmann” (il contadino) diventa un “Landser” (un soldato); la sublimità della natura (“Gewaltig endet so das Jahr” – “Potentemente finisce così l’anno”) diventa un’insinuazione di stupro: infatti, se uno legge al primo verso il frammento di informazione “Ver-” insieme all’avverbio usato da Trakl e qui riproposto “gewaltig,” si viene a formare la parola “Vergewaltigung,” cioè stupro (nella traduzione italiana si è tentato di preservare il gioco fonico traducendo “’Pre-.’ Potentemente,” ma si è così perso il riferimento allo stupro). E il titolo stesso della poesia di Beyer sembra essere più di un semplice pun: trasformando Verklärter Herbst (Autunno trasfigurato) in Verklirrter Herbst (Autunno stintinnato), Beyer prende ispirazione dal termine tecnico Klirrfaktor, un indice della distorsione armonica (vedi Tobias Lehmkuhl). Una distorsione armonica è precisamente quello che accade nella poesia di Beyer, non solo per quanto riguarda la cacofonia del radiotelegrafista e del “soldato,” ma anche nei confronti dei versi di Trakl, la cui armonia è, nella riscrittura di Beyer, distorta fin dal primo verso.
L’ultima pubblicazione di Beyer, la raccolta di poesie Dämonenräumdienst (“Servizio spazza demoni”), non solo offre uno dei titoli più bizzarri della poesia tedesca contemporanea, ma tratta di una varietà di argomenti, allude a figure tanto diverse quanto l’icona del fashion design Rudolf Moshammer o l’artista e teorico d’arte Joseph Beuys, e si confronta con pre-testi ingombranti come Coleridge, Hölderlin, Paul Celan e altri – e senza falsa reverenza, tra l’altro. Il famoso verso di Celan sulla morte come “ein Meister aus Deutschland,” riscritto da Beyer apre la sua poesia Ginster: “Der Tod ist ein Arschloch aus Strehlen” “La morte è uno stronzo che viene da Strehlen” (Strelhen è una parte di Dresda, dove Beyer vive dal 1996).
Ma la comunicazione (fallita o rifiutata) e il suono continuano ad apparire in molte di queste poesie. In Coleridge, In Köhln, una delle poesie più spensierate della raccolta, che fa riferimento all’esperienza che ebbe una volta Coleridge a Colonia con una varietà di profumi(nella sua poesia Cologne del 1825, Coleridge parla di 72 diversi odori), Beyer presenta il linguaggio nella maniera più viscerale possibile. Lo collega con l’esperienza del bere la birra Kölsch, e il processo del significare non ha speranze quando intervengono gli organi sensoriali – il naso, la bocca, l’orecchio:
[…] Man atmet Sprache,
hier in Köln, wo einer austrinkt,
was der andere gesprochen hat, wo
einer aufschlürft, was der andere
verspricht, wo man beim
Reden also immer an der Sprache
nippt, während man sich das
Kölnisch Wasser hinters Ohr reibt […]
[…] Il linguaggio si respira,
qui a Colonia, dove uno beve tutto
ciò che l’altro ha detto, dove
uno trangugia ciò che l’altro
promette, dove nel parlare
già sempre dal linguaggio
si sorseggia, mentre ci si sfrega
l’acqua di colonia dietro l’orecchio […]
L’idea del respirare il linguaggio è lontana dall’athmen di Hölderlin e dall’Odem (respiro) del canto – una volta che gli odori della Colonia di Coleridge sono diventati lo scenario dell’esperienza; sorseggiare le parole dell’altro fa pensare alla saliva che schizza più che al senso delle frasi; così come l’orecchio perde di colpo la sua funzione di ricettore di dati acustici per diventare semplicemente la parte del corpo su cui applicare l’Eau de Cologne. Mentre l’enfasi di Roland Barthes sull’orecchio che riceve il puro suono già implica “spostare il significato di un bel po’” (Le plaisir du texte, “Voix”) e mentre il Verklirrter Herbst di Beyer mette in scena la distorsione del suono, l’orecchio nella poesia Coleridge, In Köhln non ha neppure più niente a che fare con il linguaggio.
Coleridge, in Köhln
In Köln, einer Stadt der Knochen
und Kutten, mit Kopfsteinpflaster
zum Schädelknacken und
Möhnen und Ollen und häßlichen
Putten, da roch es, als wären alle
am Backen. Samuel Taylor
Coleridge zählte zweiundsiebzig
Miefe, und jeder ausgeprägt, jeder
ein unvergleichlicher Gestank. So
viele, wie es Sprachen gibt,
exakt. Das hab ich nachgezählt.
Denn ich kann flächig denken,
so gut wie jedes Hänneschen und
jeder Scheng. Man atmet Sprache,
hier in Köln, wo einer austrinkt,
was der andere gesprochen hat, wo
einer aufschlürft, was der andere
verspricht, wo man beim
Reden also immer an der Sprache
nippt, während man sich das
Kölnisch Wasser hinters Ohr reibt
oder gleich am Morgen in den
Ausschnitt kippt. Ich sehe ihn
die Nase rümpfen. Der mann pfeift
auf dem letzen Loch. Er sucht die
Keramikabteilung. Dringend
verlangt er nach den Nymphen.
Es riecht nach Flüssigem, es
Riecht nach Klößchen. Weil ich
ja ein Reimer und grad auch
guter Dinge bin, oder villeicht ja
eher doch, weil ich als Luder
gehe und entzündet bin, hab ich
erzählt, was Coleridge in
Köln, wo man, seitdem die Römer
weg sind, nicht mehr lüftet, roch.
Und ehe ich verschwinde, köpfe
ich mir noch ein Fläschchen
Mum, ein Fläschchen
Rüdesheimer. Stößchen.
Coleridge, a Colonia
A Colonia, una città di ossa
e tuniche, con strade
acciottolate scassacranio
e vecchie e vecchi e orribili
putti, profuma come se
tutti stessero sfornando. Samuel
Taylor Coleridge ha contato
settantadue essenze, e ognuna
marcata, ognuna un inconfondibile
fetore. Esattamente tante quante le lingue
che esistono. Ho fatto il calcolo.
Perché so pensare superficialmente,
bene quanto qualsiasi Hänneschen e
qualsiasi Scheng. Il linguaggio si respira,
qui a Colonia, dove uno beve tutto
ciò che l’altro ha detto, dove
uno trangugia ciò che l’altro
promette, dove nel parlare
già sempre dal linguaggio
si sorseggia, mentre ci si sfrega
l’acqua di Colonia dietro l’orecchio
o subito la mattina la si rovescia
nel decolleté. Lo vedo storcere
il naso. L’uomo sprizza
stanchezza da tutti i pori. Cerca la
sezione ceramiche. Disperato
brama le ninfe. C’è odore
di roba liquida, c’è odore
di knödel. E poiché io
faccio rime e sono anche
di buon umore, o forse
piuttosto perché passo
da porco e mi infiammo, ho
raccontato cos’ha annusato Coleridge
a Colonia dove, da quando i Romani
se ne sono andati, non si arieggia più.
E prima di sparire, mi stappo
ancora una bottiglietta
di Mum, una bottiglietta
di Rüdesheimer. Salute.
Buchstaben
Sag mir, was Buchstaben sind.
Unentwegt glotzen die Bäume
zum Fenster herein. Eine Esche. Eine
Eiche. Eine Eibe. Notiere
nichts. Halt dich aus allem raus.
Sende keine Depeschen. Ruf
zweimal die Woche beim Bestatter an.
Nachts wird es heller. Man
kann Leute so gut mit Holz wie mit
Plastik erschlagen. Sag mir,
was Buchstaben sind. Du brauchst
eine Bleibe. Erwarte den
Detektiv. Gesellschaft ist ein Zeichen
von Schwäche. Erwarte
das Wesen, das in deiner Schublade
wühlt. Mach dir sorgen.
Wozu brauchst du einen Spaten. Du
hast zwei gesunde Hände
zum Graben. Auch Obst brauchst du
nicht. Du bist keine Chanteuse.
Warte ab. Warte bis morgen. Laß dich
von den Bäumen da draußen
beglotzen. Sie werden schon sehen.
Schreibe nicht. Sag mir nur,
was Buchstaben sind. Kann sein, ein
Baum erschlägt einen
andern. Räume das Feld. Laß den
Müll da. Laß den Küstenwind. Laß
deine mürben Knochen. Verharre. Der
Sohn ist der Vater, der Vater
ein Geist. Koste nicht von der Esche,
der Eiche, der Eibe, aber sag mir,
was Buchstaben sind. Löse dich von
deinen Vorlagen. Sprich schneller.
Niemand hier muß verstehen,
was du sagst. Wer würde dir denn eine
Knarre besorgen. Frag nicht, ob du
wilkommen bist. Was in dir
singt, geht keinen Menschen etwas an.
Die Buchstaben glotzen. Bleibe.
Lettere
Dimmi cosa sono le lettere.
Senza posa gli alberi guardano fissi
dentro dalla finestra. Un frassino. Un
cipresso. Un tasso. Non scrivere
niente. Tieniti fuori da tutto.
Non mandare dispacci. Chiama
il becchino due volte alla settimana.
Di notte si fa più chiaro. Si può
uccidere la gente col legno quanto
con la plastica. Dimmi,
cosa sono le lettere. Tu hai bisogno
di un posto dove stare. Aspetta
il detective. La società è un segno
di debolezza. Aspettati
la creatura che nel tuo cassetto
rovista. Preoccupati.
Per cosa hai bisogno di una vanga. Hai
due mani sane
per scavare. Anche della frutta
non hai bisogno. Non sei una chanteuse.
Attendi. Aspetta fino a domani. Lasciati
dagli alberi là fuori
fissare. Lo vedranno presto.
Non scrivere. Dimmi soltanto,
cosa sono le lettere. Può essere,
un albero uccida un
altro. Libera il campo. Lascia lì
l’immondizia. Lascia il vento costiero. Lascia
le tue ossa mollicce. Fermati. Il
figlio è il padre, il padre
uno spirito. Non assaggiare il frassino,
la quercia, il tasso, ma dimmi,
cosa sono le lettere. Liberati dai
tuoi modelli. Parla più velocemente.
Nessuno qui deve capire,
cosa dici. Chi ti troverebbe
allora un fucile. Non chiederti se
sei il benvenuto. Ciò che in te
canta, non riguarda alcun essere umano.
Le lettere guardano fisse. Resta.
Meine Tintenstimme
Man muß die Hände in Tinte
waschen, gurgeln mit
Tinte muß man. Die Lippen
sind schwarz, sind lila,
sind blau. Die Zähne hinter
der Schrift. Ich hänge
die Zunge tief ins Tintenfaß,
ich hänge meine Hände
ins Maul. Ich werfe mir die
Schnipsel selber in den
Rachen. Hinter der Schrift
ist noch Raum, hinter
der Schrift ist immer noch
Raum. In meinen
Backentaschen staut sich
Tinte auf, staut sich
die bebende, staut sich die
schäumende schwarze
Schrift. Diesen Raum muß
ich öffnen, sonst kleben
die Schnipsel nur wieder
wie alter Fraß an den
Wänden, wie zerkaut und
drangeschmissen und
wieder zerkaut. Wieder mal
bin ich haarscharf
vorübergegurgelt am alten
Tintenglas, du weißt
es ja, am Tintenfraß. Schrift
und Eisen, Schrift und
Wiesenschaum. Vom vielen
Schreiben färbt sich
mir das Zahnfleisch blau.
Und ihr, hört auf,
hört auf, Schrift, Schnipsel,
Rachen, Rost und
Zahn und Laub. Laßt Zunge
Zunge sein. Meine
Tintenstimme zielt abwärts,
sie zielt genau.
La mia voce d’inchiostro
Bisogna lavarsi le mani
nell’inchiostro, di farci i
gargarismi c’è bisogno. Le labbra
sono nere, sono viola,
sono blu. I denti dietro
la scrittura. Io tengo
la lingua fin dentro il calamaio,
tengo le mie mani
in bocca. Mi infilo il
pezzo di carta dritto
in gola. Dietro lo scritto
c’è ancora posto, dietro
lo scritto c’è sempre ancora
posto. Nella sacca delle mie
guance si accumula
l’inchiostro, si accumula
la vibrante, si accumula la
spumeggiante scrittura
nera. Io devo aprire
questo spazio oppure i pezzetti
di carta si incollano ancora
come vecchia sbobba sulle
pareti, così masticata e
tirata contro e
rimasticata. Ancora una volta
mi sono gargarizzato quasi
del tutto al vecchio
calamaio di vetro, tu lo sai
già, con la sbobba d’inchiostro. Scrittura
e ferro, scrittura e
pianta di cardamine. A forza di
scrivere molto mi si colorano
le gengive di blu.
E voi, finitela,
finitela, scrittura, pezzetti
di carta, gola, griglia e
dente e foglie secche. Lasciate la lingua
essere lingua. La mia
voce d’inchiostro punta giù,
punta giusto.
Marcel Beyer è uno scrittore e poeta tedesco. Nel 2016 è stato insignito del prestigioso Premio Georg Büchner. Tra le sue opere più famose, i romanzi I pipistrelli (1995) e Forme originarie della paura (2008). Per Suhrkamp sono uscite le raccolte di poesia Falsches Futter (1997), Erdkunde (2002), Graphit (2014) e Dämonenräumdienst (2020).
Sebastian Brass è dottorando in Lingue e Letterature Germaniche all’università di Harvard dove si occupa di letteratura autobiografica e autofiction del XX e XXI secolo, con incursioni occasionali nella poesia contemporanea, il Romanticismo e la teoria dei media.
Tutte le traduzioni dal tedesco sono di Alberto Parisi, così come la traduzione del testo di Sebastian Brass dall’inglese. Le poesie di Beyer sono tratte da Dämonenräumdienst (Suhrkamp, 2020).
Si ringrazia Marco Polistina per il sostegno e per i suggerimenti durante il processo di traduzione.