Ho conosciuto il noto poeta spagnolo Santiago Montobbio (1966) non meno di dieci anni fa, al fresco di una terrazza di Barcelona. In quel periodo era considerato da molta critica un poeta del dissenso e del diniego, ed è senz’altro vero che la sua poesia fosse in gran parte generata dalle spinte di una tensione dialettica della negazione, in risposta alla cosiddetta poesía de la experiencia che ai tempi del suo esordio andava per la maggiore in Spagna. Martha Canfield spiega in questo articolo come «la poetica di Montobbio [fosse] legata filosoficamente al nichilismo e letterariamente alla “disperanza” di Mutis-Maqroll e al pessimismo fondamentale di Juan Carlos Onetti». Eppure, a me sembrava che il poeta di Barcelona non avesse mai posto particolari resistenze alla forza uguale e contraria sprigionata dai suoi versi: già al tempo, non mi tiravo indietro di fronte alle discussioni sul tema, affermando che non fosse esaustiva un’identificazione monocorde della sua scrittura. Ed è stato sorprendente ritrovarmi di fronte a questi suoi testi inediti, concessi a lay0ut in esclusiva: più che poesie di dissenso, mi appaiono come prove di aderenza al reale cantate con il timbro di una nuova maturità.
Se in passato Montobbio ha ricreato in poesia una Praga sognante e evanescente in cui non era mai stato, identificandola come uno spazio ideale di scrittura al riparo dalla realtà, oggi il poeta sente l’esigenza di riallacciare un rapporto diverso con la propria esperienza, raccontandosi implicato in luoghi concreti e geograficamente reali alla ricerca di una risposta alle proprie inquietudini di inappartenenza, ai propri difetti di insufficienza esistenziale. Montobbio oggi pare registrare disperatamente tramite le parole il proprio vissuto, con la stessa forza dinamitarda dell’intelletto che impiegava nel negarne ogni possibile definizione. L’«anarchico dei bengala» (dal titolo di un suo libro del 2005) che collocava «bombe a orologeria / nelle città che [sentiva alle sue spalle]» oggi cerca il centro della propria esperienza tra le strade di una città reale (Torino) che sconta l’inesistenza di tutti i luoghi immaginari che il poeta ha creato dentro e fuori di sé.
Dunque, in queste poesie il poeta sembra aver fatto un passo, almeno dai tempi in cui l’ho letto e incontrato per la prima volta. Il Montobbio terrorista di assoluti armato solo della propria coscienza esistenziale, ora parla a più mandate di “testimonianza”: si sente chiamato ad accogliere una diversa consapevolezza, molto più prossima all’istinto di rinunciare a possedere interamente la realtà che alla volontà di deteriorare con strumenti intellettuali ciò che di essa non può afferrare. Questo passo conduce alla netta impressione di sentire il desiderio di un’appartenenza al mondo e in esso struggersi: un desiderio che non è negato, ma al contrario viene catalizzato dalla distanza percepita col suo oggetto. E così – osservate dall’alto di un aereo – le montagne senza dubbio esistono e testimoniano una purezza visibile e irraggiungibile, non per altitudine (l’aereo/io poetico le sovrasta) ma per distanza percepita; come la luce della luna che – sopra la città, sopra gli esseri umani, sopra il continente come l’aereo e le montagne e la poesia – testimonia la verità di quella che non sembra più solo un’intuizione da confutare: «sa / che siamo qui, e ci dice / che è per noi, come sentiamo / a volte essere la vita». E tutto questo, io credo, era già nascosto nella sua poesia di dieci anni fa, tra le pieghe di una negazione che è sempre aperta e doppia, e quindi afferma.
da Poemas de Turín (sezione inedita)
LOS POEMAS DE LUIS FELIPE VIVANCO OTRA VEZ en el avión leídos. La bellísima vista de la nieve en las montañas altas, en sus cumbres, llegando ya a Turín. La poesía también es una cumbre, es una nieve, es una montaña. Es la altura que dice y a la que llega la vida, y es blanca y pura tal la más limpia nieve, y no acaba en su belleza, como esperanza. La vista de la nieve en las montañas desde el aire me lo dice. Lo testimonia, lo asegura. En el avión a Turín, 8 de diciembre de 2016
LE POESIE DI LUIS FELIPE VIVANCO, DI NUOVO lette in aereo. La splendida vista della neve sulle alte montagne, sulle cime, mentre arrivo a Torino. Anche la poesia è cima, neve, montagna. È l’altezza a cui arriva la vita e che la dice, è bianca e pura come la neve più pulita, e non termina nella sua bellezza, come la speranza. Me lo racconta la vista dall'alto della neve sulle montagne. Lo testimonia, lo promette. In aereo a Torino, 8 dicembre 2016
LA LUNA SOBRE TURÍN La luna sobre Turín, que asoma tímida sobre el Po en un paseo por la tarde. Las acrobacias y el belén en el borgo medievale. Y luego la luna ya en la noche, la luna sobre Turín en un parque de esta ciudad de elegancia penetrante, un paseo con amigos a la sombra de Europa que sentimos que todavía existe y somos. En esta luna que anoche para Turín sale, sobre Turín alumbra. Sobre todo el mundo, y sobre todos los hombres, como la belleza y la verdad han de ser, claro, pero que al verla sobre Turín en la noche siento cierta y verdadera, testimonio de que aún hay luz sobre la vida, hay historia y testimonio de esta historia, hay Europa y lo que en el corazón es para nosotros, que sentimos en esta noche en un paseo por la elegancia de las calles de Turín y la luna que parece nos sonríe, sabe que aquí estamos y nos dice que es para nosotros, como sentimos a veces es la vida. Turín, 9 de diciembre de 2016
LA LUNA SOPRA TORINO La luna sopra Torino, che si affaccia timida sopra il Po in una passeggiata, di sera. Le acrobazie e il presepe nel borgo medievale. E ancora la luna dentro la notte, la luna sopra Torino in un suo parco di eleganza penetrante, una passeggiata tra amici all’ombra di un’Europa che sentiamo ancora esistere e che siamo. Dentro questa luna che di notte per Torino sorge, sopra Torino illumina. Sopra il mondo intero e sopra tutti gli uomini, come la bellezza e la verità devono essere, chiaro, ma nel vederla sopra Torino nella notte, sento certa e vera, sono testimone che ancora c’è luce sopra la vita, c’è la storia e sono testimone di questa storia, c’è l’Europa e ciò che nel cuore rappresenta per noi, che sentiamo in questa notte passeggiando tra l’eleganza delle strade di Torino e la luna che appare ci sorride, sa che siamo qui e ci dice che è per noi, come sentiamo a volte essere la vita. Torino, 9 dicembre 2016
traduzioni e commento di Clarissa Amerini
Santiago Montobbio (Barcelona 1966) ha pubblicato per la prima volta come poeta nella “Revista de Occidente” nel 1988, e il suo primo libro, Hospital de Innocentes (1989) è stato accolto con favore da autori quali Onetti, Sabato, Martin Gaite, Cela e Valente. La sua vasta opera poetica, tradotta in diverse lingue, ha avuto una diffusione e riconoscimento internazionali. Nella collana El Bardo della casa editrice di Malaga Los Libros de la Frontera sono usciti ultimamente, tra gli altri, El anarquista de las bengalas (2005), La poesia es un fondo de agua marina (2011), Los soles por las noches esparcidos (2013), Hasta el final camina el canto (2015). L’ultimo libro pubblicato è Vuelta a Roma (2020).
Leggi le altre traduzioni di lay0ut!
In copertina: Roman Stańczak – Flight