Poesia tramortita è il remake contemporaneo targato lay0ut di Poesia travestita, un progetto di Maria Corti nato da un desiderio di Eugenio Montale, che nel 1978 chiese alla filologa di trovare, come primo passo di un progetto già ben strutturato, «qualcuno che traducesse in arabo la lirica Nuove stanze di Occasioni», una delle poesie meno complesse (e quindi, forse meno intraducibili) del libro. Avvenuta la traduzione in arabo, come secondo passo, il testo avrebbe dovuto essere tradotto dall’arabo al francese, poi dal francese al polacco, e così di seguito – a catena e in forma sempre e rigorosamente anonima – in russo, ceco, bulgaro, olandese, tedesco, spagnolo, per tornare infine alla lingua originale, l’italiano, prevedibilmente in una forma completamente differente da quella originale. A quanto riferisce Maria Corti nella premessa al libro Poesia travestita (Interlinea 1999) uscito parecchi anni dopo l’inizio del progetto, Montale intendeva verificare quanto, dopo questa «galoppata di traduzioni», il testo finale fosse più o meno riconoscibile. Traduzione come estremo fraintendimento, proprio come nel caso del telefono senza fili: una metamorfosi delle parole orchestrata dal caos delle lingue che è venuto Dopo Babele (per citare un libro di Steiner fondamentale sul tema) e che ci ha condannati all’intraducibilità di tutto (Derrida).
Va da sé che, al di là del gioco letterario venato di ironia e diffidenza verso il processo di traduzione poetica, questo progetto spalancava una serie infinita di problematiche traduttologiche sulla fedeltà delle traduzioni, i cortocircuiti semantici nel passaggio da una lingua all’altra, i tradimenti, i trabocchetti, gli allontanamenti di senso, i fraintendimenti lessicali, i ritorni e tutta una serie di argomenti legati alla ricezione del testo in forma anonima (quindi del tutto decontestualizzato) da parte dei vari traduttori.
Com’era Poesia travestita
Il volume pubblicato da Interlinea è così composto:
- una premessa di Maria Corti;
- la testimonianza di Mahmoud Salem Elskeikl, il traduttore arabo, l’unico che conosceva l’autore della poesia;
- un saggio analitico di Maria Antonietta Terzoli, che prende in esame buona parte delle modifiche, gli scarti minimi, i tradimenti e gli allontanamenti delle varie versioni;
- la versione iniziale di Nuove stanze;
- i vari passaggi di traduzione (dall’italiano all’arabo, dall’arabo al francese e così via). In calce a ciascuna versione in lingua si trova anche la traduzione italiana provvisoria, che aiuta a capire cosa sia accaduto passaggio per passaggio;
- la versione definitiva di Nuove stanze nel ritorno alla lingua d’origine dopo la catena di traduzioni.
Traduzione come sabotaggio: il caso di Cuoghi
Un simile esperimento è stato messo in atto anche dall’artista visuale Roberto Cuoghi, che ha pubblicato nel 2015 il libro d’artista Da iḍā e piṅgalā a iḍā e iḍā o piṅgalā e piṅgalā, un progetto di traduzione a catena molto simile a quello di Montale e Corti, di cui ha parlato esaurientemente Andrea Cortellessa qui. A Cuoghi questo esperimento serviva, io credo, per dar spazio all’idea per cui, ad esempio, un’opera come Belinda (2013) non derivi dall’immaginazione, ma dal «sabotaggio della strutturazione del sistema naturale». Come dice lo stesso Cuoghi in questa intervista girata durante la Biennale di Venezia del 2013, «tutto quello che conosciamo è come ci appare perché ha preso una direzione; per cui potrebbe avere invece un’altra direzione». Un concetto che mi sembra efficace per descrivere il processo di traduzione da una lingua all’altra e lo sconvolgimento dell’opera che ne consegue.
Cosa abbiamo fatto noi
Abbiamo voluto replicare la catena di traduzioni di Nuove Stanze utilizzando Google Translate, il più conosciuto tra i traduttori automatici presenti su internet. Il procedimento è stato semplice e piuttosto rapido (ci sono voluti meno di 10 minuti): è stato sufficiente inserire nel form la poesia di Montale nella sua forma in versi, poi selezionare la traduzione in arabo, prelevare il testo tradotto e ripetere l’operazione dall’arabo al francese, dal francese al polacco, e così via, tutto nell’ambito della stessa sessione.
Abbiamo poi prelevato la poesia tramortita, ovvero la versione finale della poesia (B) e l’abbiamo messa a confronto con l’originale di Montale (A). Di seguito, abbiamo elaborato un’analisi filologica di B con note alla traduzione, limitandoci però ad evidenziare solo i cambiamenti che sono avvenuti da A a B senza analizzare ogni singolo passaggio linguistico: non avevamo né i mezzi né i tempi per farlo, ma sarebbe anche stata per certi versi un’operazione fine a se stessa dacché – diversamente dall’esperimento di Corti che coinvolgeva 10 diversi professionisti al lavoro in tempi diversi – qui il traduttore era sempre lo stesso (il che in teoria lo avvantaggiava, a ben pensarci). Dopo l’analisi filologica, abbiamo tentato di stilare alcune brevi osservazioni sull’esperimento, rilevando alcune tendenze caratteristiche dell’operato di Google Translate e, ove possibile, tentando un confronto tra le problematiche emerse dall’esperimento di Corti e il nostro.
Perché lo abbiamo fatto
L’uso dei traduttori automatici presenti su internet si è fatto sempre più frequente nel nostro quotidiano. Li usiamo per tutte le circostanze: sul lavoro, per documentarci sui giornali esteri, per tradurre rapidamente il testo di canzoni o sceneggiature, per dialogare con persone che parlano una lingua diversa dalla nostra e sì, persino come strumento di servizio per lavori di traduzione letteraria. Di fatto, è uno strumento utile e rivoluzionario, perché è capace di elaborare dati anche complessi come i versi poetici in modo rapidissimo, sintetizzandoli in una forma potenzialmente identificabile come letteraria, anche se ovviamente imperfetta e quasi sempre inesatta. L’obiettivo di questo esperimento è elevare a potenza la provocazione di Montale per problematizzare i mezzi che oggi tutti noi abbiamo a nostra disposizione e l’uso che ne facciamo. Lo abbiamo fatto seguendo con ironia e scetticismo una traccia teorica che, a distanza di anni, continua a generare interrogativi decisivi non solo dal punto di vista linguistico e traduttologico, ma anche antropologico e culturale.
Cosa non siamo riusciti a fare (e come il fallimento ha mostrato una nuova evidenza)
In tutto questo, abbiamo compiuto un errore. La nostra intenzione era infatti quella di replicare fedelmente su lay0ut la pubblicazione di Poesia travestita, ovvero riportando nell’articolo un PDF con i vari passaggi di traduzione e la relativa versione provvisoria in italiano. Il tutto avrebbe potuto essere fruibile da chiunque, soprattutto da coloro che conoscono le lingue in questione e possono interpretare i vari tradimenti. Nella prima fase del lavoro – quando si doveva ricavare il testo B dal testo A – si è preferito rimandare a un secondo momento la raccolta delle versioni intermedie, certi che il risultato sarebbe stato lo stesso anche replicando l’operazione a distanza di giorni.
Così non è accaduto. Dopo aver ultimato l’analisi filologica e le conclusioni, siamo tornati su Google Translate, abbiamo operato nuovamente la traduzione a catena e, con nostra grande sorpresa, il testo B era cambiato. Era tanto diverso dall’esito precedente da diventare un vero e proprio testo C, peraltro denso di variazioni interessanti almeno tanto quanto il primo tentativo. Insomma: il testo aveva preso un’altra direzione, per dirla con Cuoghi. Questo ci ha mostrato come l’algoritmo sia in continuo aggiornamento mentre tenta di perfezionare il proprio prodotto secondo criteri sempre differenti. In ogni momento potremmo aspettarci dallo stesso traduttore una traduzione diversa, l’innesco di una serie infinita di varianti che, chissà!, a un dato punto potrebbe condurre a un esito letterario persino soddisfacente. O, al contrario, condurci in uno spazio linguistico nuovo, forse non poetico in senso stretto, ma completamente alieno e inaspettato. Ecco qui il PDF con il secondo processo di traduzione e l’approdo da A a C.
Nuove stanze – Poesia tramortita
A Poi che gli ultimi fili di tabacco al tuo gesto si spengono nel piatto di cristallo, al soffitto lenta sale la spirale del fumo che gli alfieri e i cavalli degli scacchi guardano stupefatti; e nuovi anelli la seguono, più mobili di quelli delle tue dita. La morgana che in cielo liberava torri e ponti è sparita al primo soffio; s’apre la finestra non vista e il fumo s’agita. Là in fondo, altro stormo si muove: una tregenda d’uomini che non sa questo tuo incenso, nella scacchiera di cui puoi tu sola comporre il senso. Il mio dubbio d’un tempo era se forse tu stessa ignori il giuoco che si svolge sul quadrato e ora è nembo alle tue porte: follia di morte non si placa a poco prezzo, se poco è il lampo del tuo sguardo, ma domanda altri fuochi, oltre le fitte cortine che per te fomenta il dio del caso, quando assiste. Oggi so ciò che vuoi; batte il suo fioco tocco la Martinella ed impaura le sagome d’avorio in una luce spettrale di nevaio. Ma resiste e vince il premio della solitaria veglia chi può con te allo specchio ustorio che accieca le pedine opporre i tuoi occhi d’acciaio.
B Quindi le ultime fonti di tabacco i tuoi gesti ti mettono su un piatto (1) crystal (2), sale lentamente verso il soffitto (3) una tempesta (4) di fumo vescovi e cavalli da scacchi (5) sembri sorpreso. E nuovi anelli lo vedono più mobile di altri dalle dita. (6) Morgana (7) si lancia in paradiso (8) le torri e i ponti sono spariti (9) la finestra si apre al primo respiro (10) fumo in movimento invisibile (11). Stampa (12) altri modi di trasporto (13): tendenza (14) uomini che non conoscono il tuo incenso solo tu puoi venire al consiglio (15) dai un senso. I miei precedenti sospetti (16) erano, se possibile non sai nulla del gioco in corso. (17) D'altra parte, hai già il cloud a portata di mano. (18) La follia della morte non si attenua gradualmente lode quando la tua visione brilla un po ' ma dopo il dolore (19) ha pregato per altri fuochi. Dio ti ha creato un velo adatto con supporto. (20) Oggi so cosa vuoi. Ritmi muti (21) resto con Martinelli e ho paura (22) l'avorio si delinea nella luce (23) terribile campo di neve. Ma lei resiste vinci il solitario (24) guarda chi può stare con te nello specchio in fiamme (25) accecherà tutti i contadini che potrebbero guardarti. (26) Occhi d'acciaio. (27)
Note alla traduzione
- «Poi che»(causale) diventa «quindi» (conclusiva): siamo in presenza (in assenza) di una principale fantasma che determina gli eventi della prima strofa. Il gesto proverbiale che era di Clizia in A si moltiplica in un numero imprecisato di «gesti» che, per come è costruita la frase, sembrano essere le medesime «ultime fonti di tabacco». Esse non «si spengono» nel piatto ma «mettono» il tu (Clizia? Vedremo) sul piatto.
- Primo esempio di anglicizzazione del lemma nella poesia: «cristallo» diventa «crystal». L’aspetto borghese dell’arredamento della stanza fiorentina dove si trovano i due personaggi perde eleganza, assume tratti kitsch.
- Soluzione che non rispetta la metrica, ma che non sfigurerebbe affatto in una poesia a verso libero.
- La «spirale» diventa «tempesta»: l’immagine ha guadagnato in dettaglio descrittivo, evolvendo il campo semantico da quello grafico a quello meteorologico, quasi anticipando la scena di guerra. «La» diventa una».
- Anche qui cambiano numero e persona. Sembra che Google Translate voglia ora immergerci in una scena onirica: nella tempesta di fumo appaiono vescovi e cavalli. Un errore che del resto era avvenuto anche in un alcuni passaggi linguistici dell’esperimento originale. La prima sorpresa arriva qui: proprio come nel caso della nuova poesia di Poesia travestita, con Montale non c’è Clizia. La scena surreale «sorprende» infatti una figura di sesso maschile («sembri sorpreso»), a meno che il poeta non parli a se stesso.
- «Seguire» diventa «vedere». Il soggetto dell’azione diventa «anelli»: essi vedono, osservano «dalle dita», proprio come voleva Montale in A nel passaggio dalle volute di fumo ai monili. Il verbo non poggia su un complemento oggetto comprensibile, per cui l’ultima frase perde completamente il senso: possiamo azzardare che si riferisca al fumo o al piatto Crystal (parafrasando: dalle dita, gli anelli vedono più mobile il fumo/il piatto crystal). Questo passaggio si era dimostrato molto fragile anche nei vari passaggi dell’esperimento originale.
- La morgana diventa Morgana: il fenomeno ottico perde in metaforicità, diventando uno strano riferimento diretto alla figura leggendaria. Invece che sparire, Morgana si lancia in cielo.
- Il cielo diventa il paradiso: il traduttore opera una caratterizzazione religiosa/confessionale della figura generica in questione. Interessante notare come il paradiso sia rimasto fino all’ultima traduzione, nonostante abbia attraversato anche religioni e culture differenti da quella cristiana.
- L’effetto morgana fa sparire torri e ponti, ma dal tono e dalla sintassi qui la sparizione dei monumenti fiorentini non sembra un’illusione, bensì una scena realistica.
- La traduzione ha fatto saltare la punteggiatura, e l’intelligenza artificiale cerca un nuovo significato, restituendo in parte l’immagine poetica e creandone una nuova non banale («la finestra si apre al primo respiro»).
- Il verso funziona bene e suggerisce l’atmosfera, anche se il significato letterale differisce dall’originale.
- Glitch della traduzione. Cortocircuito inspiegabile se non nell’analisi filologica di tutti i passaggi alla ricerca del momento in cui il significato di «là in fondo» evolve per qualche motivo in «stampa».
- Lo stormo perde la sua accezione ornitologica e sfocia in tutt’altro campo semantico, diventando un anonimo mezzo di trasporto volante, in un processo di estrema semplificazione oggettualizzante. L’enjambement tra «stampa» e «altri» fa pensare a un alienante processo di stampa tridimensionale dei mezzi di trasporto.
- L’intelligenza artificiale non riconosce il preziosismo «tregenda» e in uno dei passaggi di traduzione si inventa una parola assonante più comune («tendenza»).
- Sarebbe interessate capire dov’è finita la «scacchiera», in quale passaggio di traduzione è diventata il «consiglio» e perché.
- La traduzione qui appesantisce il verso: i «dubbi» diventano «sospetti», si perde neutralità nel dettato.
- La traduzione è abbastanza fedele e non del tutto improbabile, ma la frase viene spezzata drasticamente al secondo verso.
- Una delle variazioni più interessanti: a effetto della seconda violenta anglicizzazione del termine, il «nembo» è diventato il «cloud», secondo un passaggio semantico che vede la transizione dall’oggetto meteorologico al suo referente metaforico digitale. Il verso sembra una pubblicità di un provider.
- Il traduttore automatico fraintende e trasforma «fitte» in «dolore», ignorando che l’aggettivo «fitto» qui si riferisce alle cortine.
- Altro travisamento interessante: è emerso un verso che ha una perfetta configurazione postmoderna. Dio non è più in dubbio: esiste ed assiste, creando un velo (da «cortine»?) «adatto con supporto» (il che forse afferisce all’assistenza). L’immagine poetica del fomento è ridotta, sintetizzata nel concetto di «creazione».
- Il primo emistichio ci interroga: a chi si riferisce il poeta? Nel secondo emistichio c’è una curiosa reinterpretazione analogica: il ritmo «batte», il fioco è «muto», ma il senso logico è perduto.
- La campana di Palazzo Vecchio a Firenze si chiama «Martinella»: qui diventa Martinelli, un personaggio misterioso che trasforma la scena in un potenziale e surreale menage a trois nella stanza fiorentina. La campana, in effetti, aveva messo in difficoltà anche gli inconsapevoli traduttori dell’esperimento montaliano (che, ricordiamolo, non sapevano niente dell’autore e del contesto in cui la poesia era stata scritta), generando una serie di deviazioni o deragliamenti di senso (cf. Poesia travestita, p. 27) non troppo dissimili da questo. «Impaura» diventa «ho paura»: l’inquietudine agisce sul poeta direttamente.
- Soluzione poetica: endecasillabo in perfetta isometria.
- Il verso è travisato e si trasforma nel secondo gioco della poesia dopo gli scacchi: il solitario con le carte. La trasformazione è coadiuvata dalla presenza di «vince il premio» nell’originale. Il soggetto dell’azione potrebbe essere il lettore, in mancanza di segni ortografici che alludano a un discorso diretto rivolto a lei. Inoltre «lei» può riferirsi alla luce, che resiste nel «terribile campo di neve».
- Lo specchio in fiamme della crudeltà diventa lo spazio dove si trovano insieme il poeta e il secondo (o il terzo) interlocutore (Clizia? Martinelli? Il lettore?).
- Si è perso il contesto degli scacchi: le pedine diventano contadini. «Opporre» diventa «guardare», forse per coerenza con gli occhi dell’ultimo verso, ma è l’interlocutore del poeta (ancora: Clizia? Martinelli? Il lettore?) che infine diventa una sorta di terribile Medusa di amore e guerra.
- Con la pausa data dal punto spezza il dettato rispetto all’originale ma lo rende un finale potente, quasi apocalittico.
Alcune osservazioni finali
- Ricordiamo che, a differenza dell’esperimento originale, in questo caso le traduzioni vengono effettuate in tempi rapidissimi sempre dallo stesso “soggetto”, mentre originariamente il testo è passato di traduttore in traduttore in forma anonima, senza che il destinatario sapesse alcunché del testo di partenza.
- Come nel caso dell’esperimento di Maria Corti, il traduttore automatico ha mantenuto la struttura delle stanze: 4 strofe su 4 sono rimaste ottave.
- La metrica è stata (casualmente?) rispettata solo nel caso dei versi n. 1, 2, 7, 10, 13, 27 (endecasillabi, quasi tutti irregolari) 24 (settenario) e 32 (quinario).
- Ove possibile, il traduttore automatico tende a semplificare la lingua nei vari passaggi di traduzione, mirando alla maggior comprensibilità del testo, alla sua concreta comunicabilità e al valore d’uso. Come diceva Derrida in Margini della filosofia, «non vi è nulla che si possa fare per dare un senso» a ciò che in letteratura è intraducibile. Non si può far altro che tentare di “economizzare il linguaggio” (J.C. Hawley, Through a Glass Darkly: Essays in the Religious Imagination, p. 284).
- Il traduttore automatico tenta di creare un nuovo significato laddove perde il contatto con quello originale (ad esempio se la versificazione è complessa o la sintassi è contorta), agganciandosi alla parola successiva o al campo semantico che è riuscito ad individuare nel contesto del verso o in quello successivo.
- Nel passaggio da lingua a lingua è evidente come venga modificata la configurazione degli attanti: soggetti e oggetti si confondono scambiandosi ruoli e attributi, saltano persona e numero di verbi e sostantivi, creando nuovi nuclei di significato indipendenti dal contesto.
- Talvolta si perdono le congiunzioni e i pronomi relativi: vengono meno così linearità e armonia del periodo. Alcune parti della poesia vengono trasformate in bruschi elenchi di oggetti o immagini che straniano il lettore.
- La lingua sublime è abbassata al suo corrispettivo comune, anche per assonanza o vicinanza semantica quando viene a mancare il referente originale.
- Quando può, il traduttore automatico rende artificiale la figura complessa: il «nembo» diventa «cloud», lo «stormo» diventa un «mezzo di trasporto», l’assistenza di un dio del caso diventa un «velo adatto con supporto». Per l’azione del traduttore automatico, l’aura vaga-dubitativa della poesia può trasformarsi in espressioni linguistiche tipiche del marketing digitale, della pubblicità, della performance funzionalistica. Peraltro questo lessico, attraversando tutte lingue e approdando in questa versione al risultato finale, pare avere un valore d’uso globale.
- Si perdono la metrica, l’eufonia, l’assonanza, la rima: un traduttore automatico generico, se non istruito, non ricerca queste soluzioni formali. Eppure talvolta, casualmente, le trova. Google Traduttore, dunque, a partire da un verso poetico, sembra in grado di costruire una variante prosodicamente gradevole ed esteticamente soddisfacente, proprio come se l’intelligenza artificiale fosse una vera poetessa: «l’avorio si delinea nella luce», «la finestra si apre al primo respiro».
- Spesso per il traduttore automatico il verso è un’unità di significato ancora incomprensibile, perché utilizza in modo critico lo spazio bianco e cerca di correggerlo o interpretarlo, uniformando la sintassi o ricavando dal contesto un’alternativa plausibile.
- Non siamo certi di come funzioni l’algoritmo di un traduttore automatico, ma è ragionevole pensare che scelga – tra le varie opzioni di traduzione – il termine più statisticamente utilizzato o addirittura quello considerato come il più corretto per un campione medio di utenti, come dimostra il fatto che, al secondo tentativo di traduzione a catena, abbiamo avuto un testo B completamente diverso, ovvero un testo C che evidenzia scelte anche molto diverse da quelle precedenti. Anche se in questo caso non li abbiamo usati, abbiamo a disposizione anche altri utili strumenti, uno su tutti Reverso Context, che aiutano a comprendere il significato di un termine a partire dal contesto in cui è inserito. Incrociando varie soluzioni tra questi strumenti, la scelta del traduttore automatico potrebbe addirittura indirizzare le scelte di un traduttore umano, qualora si trovasse in una situazione di dubbio. Ecco che si potrebbe parlare di “coscienza dell’algoritmo”.
Bernardo Pacini
In copertina: Charles Ray, Plank Piece I-II, 1973