Tra le tante cose che la Chiesa cattolica deve da quasi mille anni al “Doctor Angelicus” Tommaso d’Aquino, c’è senza dubbio anche un chiarimento definitivo a proposito di un problema di grande rilevanza teologica (e non solo): nella Summa Theologiae Tommaso stabilisce infatti in modo netto – e, da quel momento, definitivo per tutti i cattolici – la differenza tra sacramenti e sacramentali.
“Ciò che è segreto”: sacramento e mistero
Tutti noi conosciamo almeno in linea teorica (non necessariamente pratica) i sette sacramenti della Chiesa cattolica:
- Battesimo
- Eucarestia (Comunione)
- Confermazione (Cresima)
- Riconciliazione (Confessione)
- Unzione degli infermi
- Ordine sacro
- Matrimonio
Dal punto di vista etimologico è interessante notare come gli scrittori cristiani si esprimessero col termine latino sacramentum traducendo l’originale greco μυστήριον (mysterion), che significava (e significa, nelle Chiese orientali cattoliche e ortodosse che tuttora usano tale termine greco) “ciò che è segreto”. Al plurale, il termine “sacramenti” ha indicato presso gli scrittori cristiani le iniziazioni religiose che imponevano il segreto nei rituali e nelle dottrine, e quindi tutto il complesso dei cerimoniali e riti che introducono nella vita della Chiesa (sacramenti d’iniziazione, di edificazione e di guarigione) e conducono alla salvezza. I sacramenti per i cristiani sono segni esteriori, visibili, tangibili della grazia divina, quel dono misericordioso e gratuito del Dio benevolo (del Nuovo Testamento) nei confronti dell’uomo, quella volontà divina di salvare l’uomo dagli effetti del peccato.
E forse non sarebbe nemmeno il caso – ma lo faremo – di scomodare l’esoterismo cristiano di René Guénon per cogliere l’evidenza, anche già sul piano etimologico, della derivazione dei sacramenti dagli antichi e misterici riti pagani d’iniziazione, di avvicinamento e di comunione con la divinità, in particolar modo con la morte e resurrezione del dio o degli dei:
Fra i riti cristiani o, più esattamente, fra i sacramenti, che ne costituiscono la parte essenziale, quelli che presentano la maggiore similitudine con i riti di iniziazione e che quindi devono essere considerati come un’«esteriorizzazione» di quest’ultimi, posto che all’origine avessero effettivamente un tale carattere, sono, naturalmente e come abbiamo già fatto notare altrove, quelli che possono essere ricevuti una sola volta: primo fra tutti il battesimo [allorché parliamo di riti di iniziazione intendiamo riferirci a quelli che hanno proprio lo scopo di trasmettere l’influenza iniziatica; è chiaro che oltre a questi possono esistere degli altri riti iniziatici, riservati ad una élite che ha già ricevuto l’iniziazione: così, ad esempio, si può pensare che l’Eucarestia sia stata, originariamente, un rito iniziatico, ma non un rito di iniziazione]. Per mezzo suo il neofita veniva ammesso nella comunità cristiana e, in certo modo, «incorporato» in essa; e fintanto che questa fu un’organizzazione iniziatica, il battesimo dovette costituire evidentemente la prima iniziazione, vale a dire l’inizio dei «piccoli misteri»; d’altronde, il carattere di «seconda nascita» che esso ha conservato pur nella sua discesa entro il dominio exoterico, anche se con una diversa applicazione, sta chiaramente ad indicare proprio quanto abbiamo appena detto. Aggiungiamo subito, per non ritornarvi dopo, che la cresima sembra indicare l’accesso ad un grado superiore, e, molto verosimilmente, essa doveva corrispondere, all’inizio, all’acquisizione dei «piccoli misteri»; per quanto riguarda l’ordinazione, che attualmente conferisce solo la possibilità di esercitare alcune funzioni, essa non può rappresentare che la «esteriorizzazione» di una iniziazione sacerdotale, come tale riferita ai «grandi misteri».
René Guénon, L’esoterismo cristiano
La derivazione etimologica è d’altronde seguita anche dal parallelismo del concreto significato attribuito dal catechismo cattolico ai sacramenti: azioni, segni, manifestazioni del divino, atte in particolare a conformare l’uomo sempre più al Cristo e in particolare a renderlo in grado di riprodurre nella sua vita il mistero pasquale (appunto: passione, morte e resurrezione). Tutto ciò induce inevitabilmente a un certo sincretismo, tra l’altro non solo religioso.
Ma i sacramenti della Chiesa cattolica sono sempre stati quelli e solo quelli che conosciamo oggi? Chiaramente no. Fu la filosofia cristiana medievale, la Scolastica, a sentire l’esigenza di definire in modo chiaro quali, quanti e cosa si dovesse intendere propriamente per sacramenti della Chiesa cattolica. La Scolastica si mosse con l’obiettivo di conciliare la fede cristiana in particolare con il sistema di pensiero razionale della filosofia greca. In questo tentativo di conciliazione del pensiero filosofico di Aristotele, Platone e Socrate coi dogmi cristiani (e la questione è inevitabilmente aperta) si colloca come uno dei protagonisti proprio Tommaso d’Aquino, al quale dobbiamo anche l’affermazione (nella Summa Theologiae) che nella pratica dei sacramentali, a differenza di quanto accade in quella dei sacramenti, non si produce «l’effetto proprio dei sacramenti, cioè non operano la grazia», ma sono solo «realtà che dispongono a ricevere i sacramenti». Fu poi il Concilio di Trento, in una delle lunghe giornate dei lunghissimi diciotto anni per i quali si protrasse, a confermare i sacramenti in questa nuova accezione di genesi “scolastica”, che li aveva di fatto ridotti a sette, altro aspetto sancito ufficialmente dal concilio tridentino (1545-1563).
Ex opere operantis: i sacramentali
Sì, ma cosa sono in pratica i sacramentali? «Si chiamano sacramentali i sacri segni istituiti dalla Chiesa il cui scopo è di preparare gli uomini a ricevere il frutto dei sacramenti e di santificare le varie circostanze della vita.» Questo quanto ci dice in sostanza l’articolo 1677 del catechismo della Chiesa cattolica. Ed è il Codice di Diritto Canonico a dirci che «i sacramentali sono segni sacri con cui, per una qualche imitazione dei sacramenti, vengono significati e ottenuti per l’impetrazione della Chiesa, effetti soprattutto spirituali» (1166).
E cioè? Esempi concreti di sacramentali sono l’acqua, il sale e l’olio esorcizzati (benedetti dal sacerdote): perché durante il rito dell’esorcismo (che a sua volta non è un sacramento, ma un sacramentale), contribuiscono ex opere operantis (ovvero “attraverso l’azione di chi opera”) alla liberazione dal Maligno; ma sono utilizzati anche allo scopo di allontanare gli influssi del Demonio da persone, case e luoghi in genere. In particolare il sale può essere aggiunto all’acqua benedetta per aumentarne l’effetto purificatore. Mentre l’olio è un sacramentale che sarebbe dotato del particolare effetto di porre in fuga la potenza dei demoni, separando dal corpo le avversità. Sacramentali sono anche la benedizione delle palme, l’imposizione delle ceneri, la Candelora.
È un territorio di confine eterogeneo, magmatico, flessibile, che rimanda per forza alla religiosità popolare come prolungamento della vita liturgica della Chiesa: pensiamo alle immagini sacre, ai crocifissi, ai gesti come il segno della croce, al rosario. Non è un elenco a numero chiuso, perché infinite sono le forme di devozione che si esprimono con la venerazione delle reliquie, le visite ai santuari, i pellegrinaggi, le processioni, la «via crucis», le danze religiose, lo scapolare della Madonna del Carmelo o la medaglia di Maria Ausiliatrice. E molto altro ancora.
Ex opere operato: i sacramenti
Ciò che per la Chiesa Cattolica distingue i sacramenti dai sacramentali è chiaro: i sacramenti agiscono ex opere operato, cioè per il fatto stesso di essere stati celebrati.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica specifica all’articolo 1128 che «i sacramenti agiscono ex opere operato (lett. «per il fatto stesso che l’azione viene compiuta»), cioè in virtù dell’opera salvifica di Cristo, compiuta una volta per tutte. Ne consegue che «il sacramento non è realizzato dalla giustizia dell’uomo che lo conferisce o lo riceve, ma dalla potenza di Dio. Quando un sacramento viene celebrato in conformità all’intenzione della Chiesa, la potenza di Cristo e del suo Spirito agisce in esso e per mezzo di esso, indipendentemente dalla santità personale del ministro. Tuttavia i frutti dei sacramenti dipendono anche dalle disposizioni di colui che li riceve.»
I sacramentali, invece agiscono, secondo la Chiesa cattolica, per effetto della disposizione di chi li amministra e riceve (ex opere operantis). Pertanto i sacramentali non possiedono una diretta efficacia di grazia santificante (come invece i sacramenti), perché istituiti dalla Chiesa e non da Dio, ma in ogni caso, come ci dice sempre il Catechismo della Chiesa cattolica, hanno lo scopo di preparare gli uomini a ricevere il frutto dei sacramenti e di santificare le varie circostanze della vita”. (art. 1677). Quindi – per concludere – ex opere operato significa che il sacramento è efficace in sé per il fatto stesso di essere celebrato: per le formule, i gesti, il rituale eseguito.
Crediti
In copertina: frame da The Raft, di Bill Viola.
Grazie a Francesco Lauretta per aver concesso la riproduzione delle sue opere.