Il corpo nel postumano

Può essere il corpo postumano un medium per riconfigurare un’epistemologia fondata sui sensi e sull’esperienza estetica simpoietica? In Look at me, la trilogia di mostre a cura di Sara Van Bussel e Manuela Nobile, la ricerca dello snodo oltre le estremità della pelle passa attraverso l’analisi della notte non come forma di escapismo, ma come dimensione sensoriale dove il corpo è un’interfaccia ibrida, performativa, in continua estensione e negoziazione.


Il corpo nel postumano

“L’umano conosce  attraverso la pelle, comprende con saggezza il nome giusto del gusto e con sagacia il nome proprio dell’olfatto; conosce e comprende attraverso i muscoli, la respirazione, la corsa, il salto, la danza’’

 (Michel Serres, 1985)

Questo articolo nasce dalla volontà di parlare di un progetto espositivo in una modalità finora inesplorata, ovvero analizzandone il contenuto da un punto di vista strettamente teorico-estetico. Look at me, trilogia di mostre incentrata sul corpo, è stata pensata come una sperimentazione curatoriale il cui obiettivo era portare l’arte contemporanea nella vita di tutti i giorni, per cambiare il paradigma di fruizione artistica attualmente in atto. Questo significava andare ad esplorare una dimensione temporale diversa rispetto a quella standardizzata del mondo lavorativo (9:00 – 18:00) e soprattutto andare ad inserirsi in luoghi non convenzionali, o meglio, non prettamente dediti all’esposizione di opere d’arte. Il progetto, strutturato in tre mostre della durata di una singola notte, si è dispiegato nelle seguenti location milanesi: uno strip club (il Luxy Club in corso Buenos Aires), una discoteca (il Club Plastic), e una sauna gay (la Royal Hammam Sauna). La prima edizione ha messo in mostra opere di Michele Rizzo, Giulia Crispiani e Flaminia Veronesi, la seconda due performance dei collettivi ‘’Cult of Magic’’ e ‘’Barokthegreat’’, mentre l’ultimo capitolo ha esposto le opere di Beatrice Favaretto, Daan Couzijn, Tommaso Ottomano e Salome Chatriot. 

Look at me si è dispiegata, in primis, nella notte. Questo perché nella concezione mia e della co-fondatrice del progetto Manuela Nobile, la notte è il luogo della possibilità. A differenza di opinioni secondo le quali il mondo della notte è “una temporanea anestesia del dolore nevrotico provocata dalla lotta neoliberista di tutti contro tutti”[1] noi lo vediamo invece come un frangente spazio-temporale dove diversi corpi si mescolano, al quale tutti possono accedere. Affrontare il tema del corpo, ha significato metterlo in discussione come entità fisica, ideologica, privata e pubblica. Il club, dove si balla, si suda, si sperimenta, è per eccellenza il luogo di incontro, di possibilità, di scambio e solidarietà; nonché di resistenza. Laddove Engelen parla di anestetizzazione, Look at me concepisce la notte come una presa di coscienza. Perché la notte è uno spazio temporale dove chi sei, cosa fai, da dove vieni durante il giorno non importa. Sei identità conscia di sé, e questo basta. La scelta dei luoghi espositivi è stata poi frutto di un miscuglio di fattori, composti dall’accezione che si desiderava dare al concetto di corpo (erotico, nel caso dello strip club, o funzionale, nel caso del Club Plastic) e le sfumature che si riscontravano nelle opere d’arte selezionate – e in alcuni casi realizzate – ad hoc.

Look at me Vol. III, Crediti fotografici di Mariolina Sciacca

Alla conclusione di questa trilogia, costellata da mille frammenti di corpo diversi, esplorati attraverso video art, performance, quadri e disegni, mi sono ritrovata a soffermarmi sull’importanza del corpo oggi. E con questo termine intendo la fase storico culturale nella quale ci troviamo: insieme a Manuela, agli artisti e al pubblico abbiamo esplorato, in questi due anni, il tema del corpo nel frangente di 8 ore notturne. Ma come possiamo metterlo in relazione al paradigma culturale nel quale esso si trova ad essere e percepire? 

Quello che vorrei fare in questo breve articolo è analizzare la fase culturale esistente generalmente descritta come postumana per dimostrare quanto questa categoria sia da considerarsi come una nuova iterazione di topoi estetici cruciali già esistenti, che, contrariamente a quanto possa suggerire il termine, non possono prescindere da una dimensione fisica e veicolata dai sensi. Look at me rappresenta nella sua totalità il tentativo curatoriale ed estetico di elaborazione di queste fondamenta teoriche. Il termine postumano è probabilmente la più radicale tra le categorie recenti che utilizzano il prefisso post (postistoria, postdrammatico, postmoderno e cosi via), una tendenza che sottolinea la crisi contemporanea della categorizzazione e, se vogliamo, della lingua. Il postumano può essere considerato di fatto un attacco all’antropocentrismo e alla dicotomia fondamentale tra natura e cultura; come anche una critica alla visione canonica degli esseri umani come naturalmente incompleti e bisognosi di processi culturali per trascendere i propri limiti intrinseci. La visione antropocentrica sottolinea la purezza e i dualismi come le caratteristiche umane più distintive. La visione postumana, invece, non intende la natura come un concetto statico o fisso, né la cultura come una deviazione da una condizione originaria e autentica. Propone piuttosto un’idea di identità umana che abbracci l’alterità e la continua ibridazione con elementi altri, intesi anche come non umani (animali, macchine o dispositivi tecnologici). Molte esperienze estetiche contemporanee derivano direttamente da questi principi epistemologici, in particolare l’ossessione teriomorfica e il cyborg (vedi Deitch; Haraway; Marchesini). A me interessa, però, sottolineare il processo graduale di ibridazione, che, come suggerisco, passa dai sensi – e conseguentemente dalla coscienza fisica di sé – e viene elaborato successivamente in chiave artistica.

Look at me Vol. III, Crediti fotografici di Mariolina Sciacca

Il postumano suggerisce una nuova visione del corpo, non più basato sull’autarchia e sull’isolamento, ma sulla molteplicità. È un corpo aperto all’invasione esterna e alla trasformazione tecnologica, soggetto a continue manipolazioni sia dall’interno che dall’esterno, che portino a una conseguente reiscrizione della sua posizione nell’estetica. Nel processo postumanista di costituzione di un nuovo vocabolario concettuale e nominale, il termine corpo, viene ricodificato per esprimere la dimensione dell’essere umano [2]. E lo fa nella misura in cui il corpo stesso è eccesso, esuberanza, motore di ibridazione, aperto alla contaminazione esterna e all’etero-organizzazione. È un’entità che nutre il mondo, riceve, estende, progetta, viene invasa, e intenzionalmente esce da sé [3]. Questo processo avviene attraverso il sentire-conoscere, il desiderare. Attraverso i sensi, in modo specifico, il corpo supera se stesso, attraverso di essi costruisce sé stesso e l’animale umano: esce da sé convivendo con il sensibile in uno scambio continuo, divenendo molteplice e ibrido.

La dimensione del postumano poggia dunque su una conoscenza concessa alle membra, nonché emergente dalle imitazioni rese possibili dalla sua plasticità e flessibilità per cui il corpo si piega e si adatta, gioca fuori dall’equilibrio, si apre al nuovo e, così facendo, inventa [4]. Il corpo postumano sfugge alla staticità, stabilendo la propria struttura in potenza, sulla via di rappresentazioni nuove e diverse. Ed è precisamente in questa chiave che giace l’importanza della sperimentazione artistica, che è vista da noi come un’ontologia del possibile, aperta anche temporalmente verso il futuro, concretizzata nel qui ed ora in esperimento materico e formale. Il corpo, analizzato in chiave artistica ed estetica attraverso la pratica di diversi protagonisti, si costruisce e ricostruisce nell’orbita della trasformazione: da limite diventa invece soglia di passaggio, spazio di investigazione e ricerca. Il suo divenire simpoietico con una realtà che a sua volta è fluttuante, nella quale non è possibile stabilire definitivamente gerarchie e/o centri, rende questa indagine rilevante ed estremamente attuale. Il lavoro di Giulia Crispiani, Flaminia Veronesi, Michele Rizzo, Tommaso Ottomano, Beatrice Favaretto Salome Chatriot e Daan Couzijn ha rappresentato per noi un passaggio necessario, un’esplorazione dello stato liminale del corpo umano, declinato nelle sue dimensioni sensoriali che sono passate attraverso il sesso, il desiderio, la fatica fisica, il travestimento, lo sguardo. Look at me è stata una trilogia del possibile, un percorso che ha seguito gli amplessi del corpo postumano in una situazione – quella della notte – aperta, fluida, nemesi di se stessa e della –nostra tutta– condizione. 

Look at me Vol. III, Crediti fotografici di Luca Imperatrice

[1] Ewald Engelen, in de Groene Amsterdammer, 16 dec. 2020 https://www.groene.nl/artikel/vakmensen-zonder-ziel

[2] Marchesini, R. (2009). Il tramonto dell’uomo. La prospettiva post-umanista. Bari: Edizioni Dedalo. pp. 107-134

[3] Idem

[4] Serres, M. (1999). Variations sur le corps (Variations on the body). (R. Burks, Trans.). Minneapolis: Univocal. 


Engelen, Ewald. De Groene Amsterdammer, 16 dec. 2020 https://www.groene.nl/artikel/vakmensen-zonder-ziel

Marchesini, R. (1996). Il concetto di soglia. Una critica all’antropocentrismo. Rome: Theoria.

Marchesini, R. (2009). Il tramonto dell’uomo. La prospettiva post-umanista. Bari: Edizioni Dedalo.

Marchesini, R. (2014). Epifania animale. L’oltreuomo come rivelazione. Milan: Mimesis.

Marchesini, R. (2019). Estetica postumanista. Milan: Meltemi.

Marchesini, R. (2020). Essere un corpo. Modena: Mucchi Editore.

Marchesini, R. (2021). The virus paradigm. A planetary ecology of the mind. Cambridge: Cambridge University Press.

Serres, M. (1985). Les Cinq Sens. Philosophie des corps mêlés-1 (The five senses. A philosophy of mingled bodies). (M.

Sankey & P. Cowley, Trans.). London-New York: Bloomsbury Academic. 

Serres, M. (1999). Variations sur le corps (Variations on the body). (R. Burks, Trans.). Minneapolis: Univocal.