Quando ho ricevuto da Riccardo Duranti le sue traduzioni di CD Wright, sono rimasto fulminato da elation washed over our absence toward everything in the increasing darkness, una delle spiazzanti poesie circolari (o anfesibene?) di Wright che, come ci ha spiegato lo stesso Duranti, hanno per titolo l’ultimo verso. Mentre alla lettura mi imponevo di rimanere al livello del testo – fallendo continuamente nel tentativo di delimitare i confini delle impressioni suscitate, trascinato di digressione in digressione da un’immagine all’altra – mi rendevo conto che l’iterazione cantillante ed affettuosamente ossessiva di “My husband” mi obbligava a condurre l’attenzione al di fuori del testo, verso il soggetto che presenziava nella scrittura. Non mi riusciva insomma quella necessaria operazione di straniamento, quella separazione tra soggetto scrivente e oggetto della scrittura che è parte del processo necessario ad entrare in serio rapporto con la poesia scritta da un estraneo.
Non ho conosciuto CD Wright e non ero certamente autorizzato a questo approccio, ma sapevo – per motivi di cronaca letteraria – che il marito di cui parla la poesia è Forrest Gander, (eco)poeta, geologo, traduttore e saggista californiano, nonché professore di letterature comparate alla Brown University di Providence, ruolo che ha condiviso con la moglie oltre alla direzione della casa editrice dell’Arkasnas Lost Roads, ereditata dal suo fondatore, il poeta Frank Stanford. Ciò che però ancora non sapevo è che l’ultimo libro di Gander, Be With (New Directions, 2018) – vincitore del premio Pulitzer 2019 e pubblicato in Italia nel 2020 da Benway Series nella traduzione di Alessandro De Francesco – era scritto in gran parte nel segno del lutto per la perdita della moglie, come lo stesso poeta ha rivelato in due diverse interviste al nostro collaboratore Alberto Fraccacreta (su Il Manifesto e su Avvenire). Inevitabilmente, la lettura di Be With ha avuto lo stesso tipo di coinvolgimento: insomma, non mi era più possibile leggere quelle poesie con il giusto distacco. Il lucido dolore di Gander aveva per me una struttura tangibile.
Scrive CD Wright nella poesia elation…: «Sorvolando il terreno / del nostro scrivere (anche quando i tralicci crollavano / sulle volvo)» e poi ancora: «Il nostro letto irrigato dal mio sangue. Mi guardava bruciare / da dentro; mi prestava la sua penna cross» (corsivi miei). Mi pareva la testimonianza di un legame affettivo eccezionale tra due persone, tra due poeti. Ed ecco l’intuizione: a Forrest Gander – unico superstite di questo dialogo di vita e scrittura – volevo porre questa domanda:
Esisteva, esiste un rapporto tra scritture poetiche così diverse di due persone legate da un rapporto affettivo? In che modo questa vita ulteriore, la vita della scrittura, ha agito sulla tua vicenda esistenziale e letteraria? Può la poesia dire qualcosa a proposito di ciò che è inesprimibile in un rapporto amoroso? Può farlo tramite due voci distinte ma unite da un’esperienza di vita?
L’ovvia preoccupazione era quella di risultare inopportuno, di pretendere l’ingresso nel nucleo privato della vita di due persone, affronto rischioso e indelicato che mai oseremmo nei confronti di un estraneo. Ma per me Gander e Wright non potevano più essere estranei, quindi ho deciso di porre questa domanda a Forrest, sperando che potesse accoglierla e darci una sua testimonianza. Ciò che mi ha dato coraggio è stato il sottotitolo di Essere con: «La politica inizia nell’intimità», un’affermazione che mi sembrava esito e approdo di un lavoro di autocoscienza attraverso il linguaggio poetico, che si riscopriva mutato dentro e dopo il lutto (e che per Gander non può essere definito “sperimentale”: «Experimental isn’t a very satisfying word to me. As someone said, No one has an experimental baby», afferma in questa intervista).
In effetti Gander ha risposto al mio invito poche ore dopo, manifestando tutta la sua emozione e gratitudine nel confrontarsi con un tema tra i più intimi e difficili (parole sue) che gli si capitato di affrontare in un’intervista. Ed è proprio vero ciò che dice Roberto Bolaño (di cui Gander ha ampiamente scritto) in un racconto di Chiamate telefoniche: «Un poeta può sopportare di tutto, il che equivale a dire che un uomo può sopportare di tutto. Ma non è vero: sono poche le cose che un uomo può sopportare. Sopportare veramente. Un poeta, invece, può sopportare di tutto […]».
Noi di lay0ut siamo felici e orgogliosi di pubblicare la traduzione della sua testimonianza inedita, unita a un dialogo in versi tra lui (4 poesie da Be With) e CD Wright (traduzione inedita di elation…). Così facendo, speriamo di dar credito alle parole con cui lui stesso chiude la sua testimonianza: «And it is some comfort to me that after I die, she and I are still bound— as Li Bai says in Ezra Pound’s translation— “forever and forever and forever” in the words we found in and through and with each other».
Bernardo Pacini
Una testimonianza di Forrest Gander
Io e CD siamo stati insieme per 35 anni. Sono in molti a sostenere che lei fosse la più talentuosa e originale poetessa della sua generazione, e che avrebbe potuto competere per il Nobel se solo avesse vissuto di più. Diversamente da John Ashbery o Frank O’Hara, che hanno ancora intere legioni di imitatori, CD Wright – come recitava il suo necrologio – era “così originale, così accanitamente indipendente che apparteneva a una scuola che era solo ed esattamente la sua”. Nessuno era in grado di imitare il suo stile mutevole o la sua voce, che era intelligente e divertente e sempre segnata dalle sue radici rurali del Sud. Con costanza e attenzione, siamo stati lettore e editor uno dell’altra. Insieme abbiamo portato avanti una casa editrice e finito per insegnare ambedue nella stessa università. E nonostante fossimo due poeti nella stessa casa, non abbiamo mai sentito la competizione, perché eravamo troppo diversi al confronto. Eppure, in tutta franchezza, lei mi metteva sempre in soggezione. Abbiamo vissuto di amore e poesia. Tutto il resto era in aggiunta. Visto che spesso ci scambiavamo i libri che ci erano piaciuti, ogni tanto accadeva che imparassimo le stesse nuove parole, e che le usassimo ambedue nelle nostre poesie. Mi ricordo che una volta, dopo un reading insieme – li facevamo spesso – il nostro moderatore fece notare come fosse davvero insolito che due poeti usassero la parola “frass” – un termine che si riferisce all’insieme di polvere del legno ed escrementi che cade dai rami quando gli insetti scavano i loro fori. Sì, sicuramente è strano che durante un reading due poeti usino la stessa parola, peraltro sconosciuta ai più. Durante un periodo di 35 anni di scrittura siamo entrati in una tale sintonia, che molte delle nostre poesie contenevano riferimenti reciproci. Nelle nostre poesie si manifestavano anche i sogni che facevamo su di noi – sogni che mi sembrano tra le esperienze più intime perché, quando li raccontiamo, offriamo qualcosa che non esiste al di fuori del nostro inconscio. Quando abbiamo vissuto momenti di dolore, quando abbiamo sofferto la perdita dei cari e i tumulti di nostro figlio, è stato nella poesia che il nostro dolore ci ha uniti. Così come anche tutte le sfumature della nostra gioia e della vita sensuale si esprimevano nelle nostre poesie. Ora che lei è assente, la ritrovo ancora viva nelle sue poesie e nelle mie per lei. E mi è di qualche conforto sapere che quando morirò, io e lei saremo ancora uniti – come dice Li Bai tradotto da Ezra Pound – “forever and forever and forever”, nelle parole che abbiamo trovato tra di noi, dentro e attraverso di noi.
Forrest Gander
(trad. di Bernardo Pacini e Clarissa Amerini)
Una poesia di CD Wright da Cooling Time: An American Poetry Vigil (2005)
elation washed over our absence toward everything in the increasing darkness. The soft coloration of his longing in the indifferent environment has never deserted me. My husband saving the spermaceti to light our eyestrings. My husband charting my obsessions with characteristic cool. Singing sacerdotally in the shower, my husband intoning every cleft in my skin. Our syncopated breathing. My husband who flew often at night as a child. Above the very ground of our writing (even as power poles were falling on volvos). My husband equally popular with women of all ages. His nail parings, his running legs, his scriptoria. O his ludic hard head. Who cut down his own hair with a bone-handed knife. His rack of gorgeous unworn ties. My husband touching even the insular men; whenever fear bred its mushrooms under rugs, a cleaning frenzy commenced. Our bed irrigated with my blood. Watching me burn from within; tendering his cross pen. O predominately my white guilt. Whenever it rained
l’euforia inondava la nostra assenza verso ogni cosa nell’oscurità crescente. La sfumatura delicata del suo desiderio nell’ambiente indifferente non mi ha mai abbandonato. Mio marito che risparmia grasso di balena per illuminare i nostri sguardi. Mio marito che registra le mie ossessioni con una calma tutta sua. Che canta ieratico, sotto la doccia, mio marito che intona ogni piega della mia pelle. I nostri respiri sincopati. Mio marito che da bambino scappava spesso di casa la notte. Sorvolando il terreno del nostro scrivere (anche quando i tralicci crollavano sulle volvo). Mio marito che ha lo stesso successo con donne di tutte le età. Le unghie tagliate, le gambe da corridore, i suoi scrittoi. O la sua giocosa testardaggine . Lui che si è tagliato i capelli da solo con un coltello dal manico d’osso. La sua sfilza di magnifiche cravatte mai indossate. Mio marito che commuove persino gli uomini chiusi. Ogni volta che la paura faceva crescere funghi sotto i tappeti, cominciava una smania purificatrice. Il nostro letto irrigato dal mio sangue. Mi guardava bruciare da dentro; mi prestava la sua penna cross. Oh mio senso di colpa prevalentemente bianco. Ogni volta che pioveva
(trad. di Riccardo Duranti)
4 poesie di Forrest Gander da Essere con (Benway Series, 2020)
Beckoned At which point my grief-sounds ricocheted outside of language. Something like a drifting swarm of bees. At which point in the tetric silence that followed I was swarmed by those bees and lost consciousness. At which point there was no way out for me either. At which point I carried on in a semi-coma, dreaming I was awake, avoiding friends and puking, plucking stingers from my face and arms. At which point her voice was pinned to a backdrop of vaporous color. At which point the crane’s bustles flared. At which point, coming to, I knew I’d pay the whole flag-pull fare. At which point the driver turned and said it doesn’t need to be your fault for it to break you. At which point without any lurching commencement, he began to play a vulture-bone flute. At which point I grew old and it was like ripping open the beehive with my hands again. At which point I conceived a realm more real than life. At which point there was at least some possibility. Some possibility, in which I didn’t believe, of being with her once more.
Convocato A quel punto i miei suoni di lutto rimbalzarono fuori dal linguaggio. Qualcosa come uno sciame d’api alla deriva. A quel punto, nel tetro silenzio che seguì Fui invaso dallo sciame e persi conoscenza. A quel punto non c’era via di uscita neanche per me. A quel punto andavo avanti in un semi-coma, sognando di essere sveglio, evitando amici e vomitando, cavando aculei da volto e braccia. A quel punto la voce di lei era appuntata a uno sfondo di colore vaporoso. A quel punto le penne remiganti della gru si arrossarono. A quel punto, arrivando, sapevo che avrei pagato tutta la tariffa base. A quel punto il conducente si girò e disse non c’è bisogno che sia colpa tua per ridurti in pezzi. A quel punto, senza alcuna esitazione iniziale, cominciò a suonare un flauto in ossa di avvoltoio. A quel punto diventai vecchio e fu come rompere di nuovo l’alveare con le mie mani. A quel punto concepii un regno più reale della vita. A quel punto c’era almeno una qualche possibilità. Una qualche possibilità, in cui non credevo, di essere con lei ancora una volta.
Epitaph To write You existed me would not be merely a deaf translation. For there is no sequel to the passage when I saw — as you would never again be revealed — you see me as I would never again be revealed. Where I stand now before the throne of glory, the script must remain hidden. Where, but in the utterance itself? Born halt and blind, hooped-in by obligations, aware of the stare of the animal inside, I hide behind mixed instrumentalities as behind a square of crocodile scute — while cyanide drifts from clouds to the rivers. And in this too might be seen a figuration of the human, another intimately lethal gesture of our common existence. Though I also wear my life into death, the ugliness I originate outlives me.
Epitaffio Scrivere Tu mi hai esistito non sarebbe soltanto una sorda traduzione. Perché non c’è seguito al passaggio quando vidi — come non saresti mai stata rivelata di nuovo — mi vedi come se non fossi mai stato rivelato di nuovo. Dove mi trovo adesso di fronte al trono della gloria, la scrittura deve restare nascosta. Dove, se non nello stesso enunciato? Nato infermo e cieco, nella spirale degli obblighi, conscio dello sguardo fisso dell’ animale dentro, mi nascondo dietro usi strumentali misti come dietro un quadrato di scudo di coccodrillo — mentre il cianuro vaga dalle nuvole ai fiumi. Ed anche in questo può essere vista una figurazione dell’umano, un altro gesto intimamente letale della nostra esistenza comune. Benché anch’io porti la mia vita nella morte, la bruttezza che origino mi sopravvive.
The sounding What closes and then luminous? What opens and then dark? And into what do you stumble but this violet extinction? With froth on your lips. 8:16 a.m. The morning’s sleepy face rolls its million eyes. Migrating flocks of your likesame species incandesce into transparency. A birdwatcher lifts her binoculars. The con- tinuous with or without your words situates you here (here (here)) even while you knuckle your eyes in disbelief. Those voices you love (human and not), can you hear their echoes hissing away like fiery scale from an ingot hammered on some blacksmith’s anvil? And behind those voices, what is that blowing the valves of your ears open as black rain, not in torrents, but ceaselessly comes unchecked out of everywhere with nothing to slacken it.
Lo scandagliamento Cosa si chiude e poi luminoso? Cosa si apre e poi buio? E in cosa inciampi se non in questa estinzione viola? Con schiuma sulle tue labbra. 8:16. Il volto dormiente del mattino rotea i suoi milioni di occhi. Stormi migratori della tua medesima specie diventano incandescenti fino alla trasparenza. Una bird-watcher solleva il suo binocolo. Il con- tinuo con o senza le tue parole ti situa qui (qui (qui)) anche quando ti stropicci gli occhi per l’incredulità. Quelle voci che ami (umane e non), puoi sentire la loro eco sibilare via quale scoria ardente da un lingotto martellato su un qualche incudine di fabbro? E dietro quelle voci, cos’è che, facendo scoppiare le valvole dei tuoi orecchi come una pioggia nera, viene non in torrenti, ma incessantemente senza freni, dappertutto, e non c’è niente che lo rallenti.
from Tell Them No Here is a steel wire with a ring at one end. Intuition of the infinite. At its other end I’ve screwed a conical cap with sharp cutting edges at the base. The infinite always intuited against the background of the infinite. If it doesn’t serve to open up a sound, the particular sound for instance of my lips releasing your name, then a gland may be involved and another kind of treatment called for. Won’t you please toss a handful of your infinite phosphene into my gloom-sopped eyes.
da Dire no Ecco un cavo d’acciaio con un anello a un’estremità. Intuizione dell’infinito. All’altra estremità ho avvitato un coperchio conico con spigoli affilati e taglienti alla base. L’infinito sempre intuito per contrasto sullo sfondo dell’infinito. Se non aiuta dischiudere un suono, ad esempio il suono particolare delle mie labbra che rilasciano il tuo nome, allora una ghiandola può essere usata con un altro trattamento richiesto. Potresti per favore lanciare una manciata del tuo infinito fosfene nei miei occhi inzuppati di tenebre.
trad. di Alessandro De Francesco
Forrest Gander (Barstow, 1956) è un poeta, saggista e traduttore statunitense, tra i massimi esponenti della ecopoetry. Laureato in geologia e letteratura inglese, ha sposato la poetessa CD Wright, dalla quale ha avuto un figlio, Brecht Wright Gander. Ha pubblicato libri di poesia (tra cui Redstart: An Ecological Poetics, Science & Steepleflower e Be With, con cui ha vinto il premio Pulitzer 2019), saggi (A Faithful Existence) e romanzi (As a Friend, The Trace).
Forrest Gander Essere con = Be With (Benway Series 14, 2020) con 6 fotografie di Michael Flomen traduzione di Alessandro De Francesco 192 pagine € 20 Link per l'acquisto
In copertina: Bernard Faucon, The probabile evolution of time (dettaglio)
Leggi le altre traduzioni di lay0ut!