Donne, musica e rinascimento è una rubrica in due puntate di Margherita Casamonti sulla storia della musica d’arte. Qui trovate la prima.
Presenze spettrali
«… Mostrar […] il vano error de gl’homini, che de gli alti doni dell’intelletto tanto si credono patroni, che par loro, ch’alle Donne non possono medesimamente esser comuni.»
Con queste parole, riportate nell’intestazione del suo Primo Libro dei Madrigali a Quattro Voci pubblicato a Venezia nel 1568 e dedicato a Isabella Medici Orsini, Maddalena Casulana Mezari determina un importante punto di svolta nella sua carriera e ci informa sulla situazione professionale delle musiciste rinascimentali: nel Rinascimento esistevano donne compositrici.
Le compositrici, per la verità, esistevano anche prima: il primo testo scritto inteso per la musica firmato da un’artista che ci sia pervenuto risale al 2.300 a.C. ed è attribuibile a Enheduanna, la celebre sacerdotessa sumera. Tuttavia nel corso della storia la presenza di autrici nel panorama musicale è dipesa da un elemento che si tende a trascurare che è comune alla narrazione intorno a tutte le arti: l’influenza che aveva nella società la personale apertura mentale dei regnanti, reale o simulata, e l’interesse di sfruttarla per distinguersi dalle altre corti.
Non è un caso quindi che la raccolta di madrigali di Maddalena Casulana sia dedicata a una Medici: fin dal Quattrocento i reggenti fiorentini crearono un ambiente culturale vario e vasto, stabilendo le basi per il sistema mecenatistico in uso ancora oggi e circondandosi di personalità artistiche spesso fuori dagli schemi. Come non è un caso il fatto che questa raccolta, come le altre che Casulana pubblicò nella sua vita, sia stata stampata nella Venezia liberale.
Questo fenomeno, osservabile come dato statistico postumo – che si estende molto oltre l’epoca del Rinascimento italiano passando a fasi alterne per tutti i Paesi e arrivando fino al secondo dopoguerra – ci consente di capire le ragioni per cui, nel periodo che intercorre tra la seconda metà del Cinquecento e la prima metà del Seicento, la fioritura di personalità femminili in Italia si sia verificata in certi contesti più che in altri.
L’Italia rinascimentale
L’importante presenza di musiciste nella penisola in questo lasso di tempo è stata possibile grazie ad una combinazione di fattori che non si ripresenterà per diverso tempo: nonostante ogni periodo abbia visto attiva più di una compositrice, bisognerà attendere i primi del Novecento perché il numero di autrici italiane si avvicini di nuovo a quello a cui erano giunte nella prima metà del Seicento.
Il primo fattore fu il progressivo instaurarsi di un rapporto mutuale tra le artiste e il sistema delle “famiglie”, cioè la comprensione delle figlie/madri/sorelle/mogli nell’attività musicale professionale degli uomini dalla quale erano state fino a quel momento escluse, come accadde ad esempio per le sorelle Francesca e Settima Caccini, Vittoria Concarini o Barbara Strozzi.
Per quanto oggi appaia degradante pensare ad una figura femminile solo sulla base della sua relazione con un
uomo, questo sistema permise a molte di loro di praticare la professione senza incorrere nel giudizio sociale, giungendo comunque a occupare posti di rilievo: Francesca Caccini ad esempio pare fosse una delle persone più pagate della corte medicea coeva, arrivando a superare la fama del padre ed emancipandosi dall’attività familiare a sufficienza da essere ricercata in qualità di solista.
Un’altra delle questioni che determinarono la presenza di musica scritta da donne in questo periodo – e che fu il principale fulcro delle attività nei precedenti – fu il convento: che fosse per vocazione, obbligo economico – familiare o perché orfane un terzo delle compositrici italiane apparteneva a qualche ordine ecclesiastico. Con molta probabilità molte di loro presero il velo esclusivamente per potersi dedicare agli studi, musicali e non, dando origine a un fenomeno che contribuì a rendere l’Italia un cardine della musica europea: molti contesti sacerdotali assumevano il ruolo di vere e proprie scuole di musica, dove le giovani dotate dei mezzi economici potevano studiare a pagamento e le orfane, che ricevevano un’educazione musicale di altissimo livello, decidendo poi se cercare marito o restare come insegnanti prendendo i voti: una pluralità di prospettive che avrebbero faticato a trovare nei corrispettivi contesti laici.
Per gli artisti che hanno preso i voti le nozioni di professionismo e amatorialità vengono meno: la qualità dei lavori di molte di queste diede loro modo di partecipare al processo evolutivo della musica del loro tempo sia nell’ambito sacro che profano, in certi casi contravvenendo ai dettami clericali stessi.
La stampa, un prima e un dopo
Nel prossimo articolo vedremo nel dettaglio come il rapporto tra compositrici ecclesiastiche e contemporaneità fosse intrecciato alle novità in campo stilistico che le circondava. La chiave di volta è di tipo storiografico: il Rinascimento vide un notevole incremento dell’abitudine alla catalogazione che portò alla compilazione di inventari riguardo qualunque cosa, dalle liste della spesa agli atti notarili, dai registri artigianali alle musiciste di corte e via dicendo.
Ciò ha con molta probabilità permesso ai posteri di venire a conoscenza non solo dei nomi e della presenza
delle compositrici ma anche delle loro opere, grazie all’invenzione della stampa musicale. Questa inoltre, comparsa nei primissimi anni del Cinquecento per mano di Ottaviano Petrucci, diventò sempre più economica, permettendo la pubblicazione di lavori che in forma esclusivamente manoscritta sarebbero stati quasi certamente soggetti alla degradazione memoriale.
Questo è lo spartiacque fra le autrici rinascimentali e quelle medievali: delle seconde non si ha certezza a causa, oltre che dell’assenza di lavori a stampa o firme su dei manoscritti, dell’assenza dei loro nomi da ogni sorta di registro, potendo addirittura far supporre che non ce ne fossero. È altresì probabile che la loro attività fosse relegata ai conventi – in periodi in cui, peraltro, oltre a una tradizione di trasmissione orale del sapere musicale, esistevano dei divieti riguardo la musica in alcuni ordini monastici – e che molte di loro operassero in anonimato.
Le città liberali
Un altro fattore incentivante fu la presenza in alcune zone di un contesto socio-culturale favorevole, come lo erano ad esempio le città di Ferrara, Firenze e Venezia, o che per lo meno traeva vantaggio nello sfoggiare la presenza di artiste nelle proprie corti. Nel prossimo articolo vedremo come le musiciste che hanno orbitato intorno a queste città abbiano preso parte non solo alla vita musicale italiana nel periodo cardine in cui si è verificato il passaggio dal Rinascimento al Barocco, come nel caso di Maddalena Casulana, ma ne siano state artefici e in alcuni casi ispiratrici – come accaduto per il Concerto delle dame e il Balletto delle donne e i loro gruppi corrispettivi o antagonisti – sfruttando il proprio prestigio artistico per diffondere le innovazioni e diventando così parte integrante nella costituzione dei canoni estetici seicenteschi.
In alcuni casi, come risulta da alcuni studi effettuati su Francesca Caccini, pare inoltre che le musiciste si conoscessero tra loro e che, tra amicizia e rivalità, avessero costituito una rete sociale funzionale alla loro vita professionale – rete del tutto assente nelle epoche successive – e una consapevolezza dell’attività professionale di altre donne nelle epoche precedenti.