La redazione di Lay0ut ha attraversato e vissuto gli spazi del Festival di Letteratura Working Class organizzato dal Collettivo di Fabbrica GKN, la casa editrice Alegre e Arci Firenze. Avevamo già ospitato il racconto di Alberto Prunetti della scorsa edizione, che trovate qui. Questo è un racconto critico di quelle giornate, di cosa hanno significato e di come hanno contagiato le nostre sensazioni.
La prima cosa che si vede una volta arrivati a Firenze è una marea di turisti, con i loro piccoli zainetti, le loro macchine fotografiche, i loro vestiti leggeri. Si muovono senza fretta, occupando tutto il marciapiede, intralciando chiunque debba attraversare la strada, arrivare alla stazione, o fare nella giornata qualsiasi cosa che non sia contemplare le meraviglie dell’architettura fiorentina. La marea si allinea come una colonia di formiche incolonnata verso il centro della città. La cattedrale, palazzo Medici, il caffè che costa 4 euro e le file interminabili. Si potrebbe arrivare a pensare che sia questa, Firenze. Le fotocamere non mettono a fuoco la stanchezza della cameriera che con un’ora di paga forse non arriva a un caffè; le fotocamere non salgono sugli autobus cittadini e non si allontanano dal centro della città, non attraversano i quartieri popolari, i poligoni industriali, i campi sperduti ed i centri commerciali. Le fotocamere, ovviamente, non arrivano all’exGKN.
Uno llega a Florencia en tren y la primera cosa que ve son mareas de turistas con sus mochilas
pequeñas, su cámara, sus vestidos ligeros, moviéndose sin prisa y ocupando toda la acera,
estorbando a quien necesite cruzar la calle, o llegar a la estación de trenes, o hacer con su día algo
que no sea contemplar las maravillas de la arquitectura florentina. Las mareas se alinean como si
fuesen una colonia de hormigas y trazan su camino hacia el centro de la ciudad, la catedral, el
palacio de los Medici, el cafe que cuesta 4 euros y las colas interminables. Uno puede llegar a
pensar que eso es Florencia. Las cámaras no enfocan el cansancio de la camarera que no le llega
para un café con el sueldo de una hora; las cámaras no se montan en los autobuses urbanos ni se
alejan del centro de la ciudad, no cruzan los barrios populares, los polígonos industriales, los
campos dispersos y centros comerciales. Las cámaras, claro está, no llegan al exGKN.
Io sono arrivata all’exGKN per il Festival di Letteratura Working Class da un luogo abbastanza lontano da non sapere dove stessi andando. Lì ho incontrato persone emozionate, grate e orgogliose, piene del senso e della forza che spesso riescono ad infondere la collettività e la lotta, il riconoscere nel prossimo qualcuno cosciente di essere nella tua stessa condizione. Persone che sentivano che le loro vite meritavano di essere raccontate, e non come vite separate tra loro e isolate dal proprio contesto, ma come storie condivise da un’intera classe. La letteratura working class intesa come rappresentazione della realtà della classe lavoratrice: uno specchio, affinché, per esempio, Firenze non venga ridotta a ciò che appare nelle foto dei turisti. Però, man mano che i giorni del festival scorrevano, cresceva in me la sensazione che, oltre questa idea generale, la comprensione della letteratura working class, la sua definizione e le sue funzioni, fossero per lo più confuse, vaghe intuizioni che accomunavano i presenti, ma che ognuno declinava a modo suo e interpretava diversamente. E temevo che, come tutti i concetti troppo ampi e indefiniti, si potessero usare per dire allo stesso tempo una cosa e il suo contrario (o qualcosa di molto diverso); cioè, che perdessero la propria utilità. E nonostante il luogo comune, non possiamo permetterci il lusso di una letteratura inutile.
Yo llegué al exGKN a raíz del Festival de Literatura Working Class, de un lugar lo suficientemente
lejano como para no saber adónde iba. Allí me encontré con gente emocionada, agradecida y
orgullosa, llena del sentido y la fuerza que suelen dar la colectividad y la lucha, el reconocer en el
prójimo uno de tu misma condición y con conciencia de ello. Gente que sentía que sus vidas
merecían ser contadas, no como vidas separadas y aísladas unas de otras y de su contexto, sino
como relatos compartidos por toda una clase. La literatura working class entendida como
representación de la realidad de la clase trabajadora, un espejo, para que, por ejemplo, Florencia no
se reduzca a lo que aparece en las fotos de los turistas. Pero, a medida que los días del festival
avanzaban, crecía en mi la sensación de que, más allá de esa idea general, el entendimiento de la
literatura working class, su definición y sus funciones eran en gran parte confusas, vagas intuiciones
que nos unían a los allí presentes, pero que cada uno comprendía a su manera e interpretaba de
formas muy diversas. Y temía que, como todos los conceptos demasiado amplios e indefinidos, se
puedan utilizar para decir una cosa y su contraria (o algo muy distinto) al mismo tiempo; es decir,
que pierdan su utilidad. Y por muy tópico que sea, no nos podemos permitir el lujo de una literatura
inútil.
Parlare di genericità non significa volere invocare schemi rigidi e stretti nei quali incastrare la letteratura working class. Significa piuttosto interrogarsi sulle sue funzioni, sulle battaglie che dovrebbe combattere, sul come e sul dove. La risposta dipende dal punto di partenza del soggetto trattato: dov’è, o cos’è, la working class oggi? Lo stesso quesito è stato sollevato nelle discussioni del festival. Una domanda che, se la memoria non mi inganna, non ha avuto una risposta soddisfacente. Credo che questo episodio, lungi dall’essere aneddotico, illustri bene la situazione: perfino alle porte dell’exGKN, di fronte a operai organizzati, a un pubblico schierato, la risposta si intuiva vagamente, si sentiva un sentimento forte ma confuso. La funzione della letteratura working class diventa quindi la trasposizione in parole di questo sentimento.
Hablar de indefinición no es querer invocar esquemas rígidas y estrechas en las que encajar la
literatura working class. Es más bien preguntarnos sobre las funciones que tiene, sobre las batallas
que debería combatir, cómo y dónde. La respuesta inmediata a la pregunta depende del sitio de
donde parte el sujeto del que se ocupa: ¿dónde está o qué es el working class hoy? Esta misma
pregunta se planteó en las discusiones del festival. Una pregunta que, si he de fiarme de mi mala
memoria, no tuvo una respuesta satisfactoria. Creo que el episodio, lejos de ser anecdótico, ilustra la
situación: aún preguntándose a las puertas del exGKN, enfrente de trabajadores organizados,
público que había elejido su parte en el conflicto, la respuesta se intuía vagamente, era un
sentimiento fuerte pero confuso. Ponerle palabras se convierte así la función de la literatura working
class.
La deriva in cui ci troviamo oggi è una delle conseguenze delle grandi sconfitte del XX secolo: la perdita del pensiero indipendente della classe lavoratrice. Non solo, per le grandi masse, questo mondo è l’unico possibile e immaginabile, ma la stessa esistenza della classe lavoratrice è contestata e dibattuta. La società ci viene presentata come un’aggregazione di individui uguali, con più o meno fortuna nella vita, più o meno cuore, scrupoli, o morale. Quasi tutte le storie che raccontano la società contribuiscono a rafforzare questa visione. In questa situazione, la letteratura working class ha il compito di costruire un nuovo immaginario della classe lavoratrice. Cioè creare storie che la delineino, che aiutino a identificarla, a sentirsi parte di essa. Che costruiscano uno specchio dove guardarsi, vedersi, incontrarsi. Direi che questa è una conseguenza logica del nostro punto di partenza. Tuttavia, troppe volte ciò si traduce in una categoria esclusivamente descrittiva. Far parte della classe lavoratrice diventa un aggettivo, un altro attributo nella biografia di un autore, una questione di appartenenza, un’identità statica. Una parte di noi che ci inorgoglisce, da celebrare, e non una realtà frutto di relazioni sociali da trasformare e, infine, distruggere.
La deriva que sufrimos hoy es una de las consecuencias de las grandes derrotas del siglo XX: la
pérdida de pensamiento independiente de la clase trabajadora. No es sólo que para amplias masas
este mundo sea el único imaginable y posible: la mera existencia de la clase trabajadora es
disputada y debatida, la sociedad se nos presenta como una suma de individuos iguales con más o
menos suerte en la vida, con más o menos corazón, escrúpulos o moral. La gran mayoría de relatos
que cuentan la sociedad contribuyen a reforzar esta visión. En esta situación, a la literatura working
class se le asigna la tarea de construir un nuevo imaginario de la clase trabajadora. Es decir, crear
historias que la delineen, que ayuden a identificarla, a sentirse parte de ella. Construir un espejo en
el que mirarse, verse, encontrarse. Diría que esto es una consecuencia lógica del sitio donde
partimos. Sin embargo, demasiadas veces esto se traduce en una categoría exclusivamente
descriptiva. Formar parte de la clase trabajadora se vuelve un adjetivo, un atributo más en la
biografía del autor, una cuestión de pertenencia, una identidad estática. Una parte de nosotros de la
que estar orgullosos y celebrar, y no tanto una realidad fruto de unas relaciones sociales que se
quiera transformar y, eventualmente, destruir
In linea di principio è un obiettivo lecito rappresentare la classe lavoratrice e la sua realtà, raffigurare le condizioni in cui vive e lavora. Ma riflettere e descrivere non è lo stesso di segnalare e comprendere (ed agire di conseguenza). Bertolt Brecht parla di questa differenza quando distingue tra realismo e formalmente realista nel suo saggio “Contro Georg Lukacs”. Sebbene scrivesse in un periodo radicalmente diverso da quello attuale, in cui la lotta di classe era percepita come nella sua battaglia finale (“l’epoca della lotta finale tra la borghesia e la classe proletaria”), con ampie masse di lavoratori organizzati e mobilitati, le sue riflessioni sono ancora valide per pensare alla letteratura working class di oggi. Il fatto è che una letteratura meramente rappresentativa, con descrizioni “realistiche” delle miserie, ma che lascia libera l’interpretazione del loro significato, di per sé non ha implicazioni. Ci sono molti esempi, sia in letteratura che in altre espressioni artistiche, in cui le condizioni della classe lavoratrice sono descritte in modo molto dettagliato. Tutt’al più si ottiene l’emozione, il dolore, un certo senso di indignazione, forse di impotenza. Sentimenti che vengono dimenticati quando si inizia un altro film su Netflix o si apre il prossimo libro. Serve a poco o a nulla catturare una realtà in un’opera più o meno bella, se l’opera stessa non aiuta a comprendere le ragioni che creano quella realtà. Peggio ancora, serve ad abbellire e giustificare il mondo crudele in cui viviamo. La letteratura deve quindi far luce sul funzionamento della società, deve aiutarci a comprendere il mondo e il posto che abbiamo (e non abbiamo) al suo interno, deve smentire la narrazione immediata e dominante e crearne un’altra. In mancanza di ciò, come dice Belén Gopegui, diventa una letteratura “miserabilista”.
En principio, representar a la clase trabajadora y su realidad, plasmar las condiciones en las que
vive y trabaja es un objetivo lícito. Pero reflejar y describir no es lo mismo que señalar y entender
(y actuar en consecuencia). De esta diferencia habla Bertolt Brecht cuando distingue entre realismo
y lo formalmente realista en su ensayo “Against Georg Lukacs”. Aunque él escribiera en un
momento radicalmente distinto al de hoy, en el que la lucha de clases se percebía luchando su
última batalla (“the age of the final struggle between the bourgeois and the proletarian class”), con
amplias masas trabajadoras organizadas y movilizadas, sus reflexiones también nos valen para
pensar la literatura working class de hoy. Y es que, una literatura meramente representativa,
descripciones “realistas” de las miserias pero dejando libre la interpretación de su significado,
automáticamente no implican nada. Hay muchos ejemplos, sea en la literatura como en otras
expresiones artísticas, donde las penurias de la clase trabajadora se describen con gran detalle. Lo
máximo que esto causa es emoción, pena, cierto sentido de indignación, acaso impotencia.
Sentimientos que se olvidan al comenzar otra película en Netflix o abrir cualquier otro libro. Si la
obra no ayuda a entender las razones que crean esa realidad, de poco o nada sirve plasmarla en una
obra más o menos bella. Aún peor, sirve para embellecer y justificar el mundo cruel en el que
vivimos. La literatura debe, por tanto, arrojar luz sobre el funcionamiento de la sociedad, debe
ayudar a entender el mundo y el sitio que tenemos (y el que no tenemos) en él, debe desmentir el
relato inmediato e imperante y crear otro. En ausencia de ello, como dice Belén Gopegui, se
convierte en literatura “miserabilista”.
Affinché la letteratura working class abbia un senso e una ragion d’essere deve diventare una letteratura rivoluzionaria. A che serve uno specchio, una letteratura che riflette le ingiustizie del mondo e il soggetto che le patisce, se poi non immagina i modi per cambiarlo? Per Bertolt Brecht, “L’arte non è uno specchio su cui riflettere la realtà, ma un martello con cui darle forma”. Un martello nelle mani della classe lavoratrice, uno strumento in più da usare nella sua lotta. Non so come debba essere la letteratura per svolgere questa funzione. Probabilmente si dovranno esplorare molte forme possibili. Dipenderà dal livello di organizzazione indipendente della classe lavoratrice, dai suoi compiti attuali. Ciò che è chiaro è che per essere di una qualche utilità, per non essere un colpo a vuoto, deve andare di pari passo con la classe lavoratrice rivoluzionaria.
Para que la literatura working class tenga sentido y razón de ser tiene que convertirse en literatura
revolucionaria. ¿Para qué sirve un espejo, una literatura que refleje las injusticias del mundo y el
sujeto que las sufre, si después no imagina maneras de cambiarla? Siguiendo a Bertolt Brecht, “El
arte no es un espejo para reflejar la realidad, sino un martillo para darle forma”. Un martillo en
manos de la clase trabajadora, una herramienta más de la que servirse en su lucha. Cómo tiene que
ser la literatura para que cumpla esa función, no lo se. Seguramente habrá muchas formas posibles
que se tendrán que explorar. Dependerá del nivel de organización independiente de la clase
trabajadora, de sus tareas actuales. Lo que está claro es que para que tenga alguna utilidad, para que
no sean golpes en el aire, tiene que ir de la mano de la clase trabajadora revolucionaria.
Che il Festival della letteratura working class nell’exGKN sia un punto di partenza.
Que sea el Festival de Literatura Working Class en el exGKN un punto de partida.
Lurdes Ondaro sta svolgendo un dottorato di ricerca in astrofisica nei Paesi Baschi. Fa parte di Ekida, un’iniziativa che si propone di organizzare l’arte da un punto di vista socialista. All’interno di Ekida, si occupa di teatro, bertsos e letteratura.
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